martedì 30 aprile 2013

Chimera

La chimera è quel mostro mitologico composto da varie parti di animali differenti, figlia di Echidna e Tifone (quindi è da qui che deriva il modo di dire "sei di una bellezza divina", trasformato poi in complimento), sorella di Idra, Cerbero e Ortro. 
Dicono di lei: 
"È un leone? È una capra? È un serpente?" 
oppure
"È una capra? È un leone? È un drago?"
Nessuno ai tempi ebbe mai il coraggio di dire "No, è Superman".
In entrambi i casi la sua testa funge da insulto:
- Testa di leone!
- Testa di capra! (ndr. la mia insegnante di musica, alle medie, soleva apostrofare tutta la classe con questo gioioso modo di dire).
Non solo, sputa fuoco dalle fauci (e finché è un leone ok, ma con la testa di capra la vedo una cosa poco credibile) e il suo morso è velenoso. Che c'è di strano? Morde dalla coda!
Ai giorni nostri si dice "inseguire una chimera" perché essa è il simbolo di qualcosa di così irreale e inverosimile che incarna impossibilità di successo. Perché vi parlo di mostri mitologici? Seguitemi.

Tutto parte da una riflessione che ho fatto mentre mi trovavo nell'atto supremo del pensiero: facevo una doccia. Mentre strofinavo mi è venuto da sogghignare al pensiero di tutte le identità che posseggo su internet quando si parla di siti per la ricerca di lavoro; ho tante di quelle facce che mi sento quasi come Argo; ho tante di quelle descrizioni e aggettivi che potrei benissimo incarnare la dea Kalì. La chimera, per quel che mi riguarda, è il lavoro. Non il posto fisso eh, anche due lavoretti non fissi andrebbero bene. Questa chimera è figlia di due divinità: Echidna - la vipera -, chiunque goda nel tuo fallimento, e Tifone, ovvero in primis i tuoi genitori che tengono uno striscione da un lato e in secundis dai tuoi amici. Ma intanto io mi sono trasformata davvero nella dea Kalì: flessibile e creativa, ciononostante affidabile e seria. A volte sottolinei l'uso dei new media, a volte i tuoi studi rigorosi e puntigliosi. Non basta rispettare le scadenze, se riuscissi a fermare il tempo sarei l'impiegata perfetta...
Ci credo che sto diventando schizofrenica. Ho tanti di quei profili su ogni tipo di sito che procacci lavoro che mi chiedo chissà quale di queste identità sia quella schizofrenica.


Risotto con rucola e salsa al vino
Ingredienti:

- 50 grammi di riso
- 250 ml di brodo
- cipolla q.b.
- 3 cucchiai di salsa al vino
- pepe nero q.b.
- rucola

Sì, questa è una ricetta per uno. Ero da sola e ho cucinato solo per me. Li vedo i vostri sguardi eh, tra l'impietosito perché mangio da sola e l'invidioso perché nonostante fossi da sola abbia smosso le chiappotte per cucinare qualcosa di decente. Ma che dico decente? Dignitoso! *risata malefica, buio in sala, una luce su di me*

Foto con prospettive alternative
per mascherare che non so fare le
foto e che se non rimesto si attacca
tutto.
Usate quanta cipolla vi aggradi per la tostatura del riso, aggiungete un goccino di olio se proprio dovete, ma ci terrei a ricordarvi le quantità di burro usate insieme a quella cipolla. Dopo aver tostato il riso a fiamma moderata, siccome non avevo voglia di preparare quella minima quantità di brodo - sporcando così un altro pentolino che avrei dovuto pulire io - ho semplicemente versato l'acqua nel tegame aggiungendo un terzo di dado da cucina.




Dopo un paio di minuti aggiungete la salsa al vino, continuare a mescolare con cura (per trarre maggiore ispirazione potete ascoltare La cura di Franco Battiato).
Nel caso in cui il riso abbia deciso di comportarsi da adolescente, contravvenendo alle mie indicazioni e assorbendo tutto il brodo prima di essere del tutto cotto, ripetete l'operazione dell'acqua, ma con moderazione, perché se ne mettete troppa rischiate di avere riso in brodo o, peggio - che orrore! - di farlo scuocere.
Infine prendete un pugnetto di rucola, tagliatelo grossolanamente e buttatelo nel riso giusto un minuto prima di impiattarlo. Fategli fare compagnia da una spruzzatina di pepe nero e mangiate con gioia e gusto un piatto fratto praticamente con avanzi.


martedì 23 aprile 2013

La comparatistica oggi

Benvenuti nella rubrica "Cose che pensi solo dopo aver studiato lingue e letterature straniere". L'altra volta avevo accennato alla faccia nascosta dello stilnovismo, l'autocollocazione del poeta nella regola dell'amico; oggi invece ci occuperemo del famoso amore cortese, le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto. Voi vi immaginate questo periodo dorato dove i cavalieri sono per l'appunto cavalieri e le dame vengono divinizzate. Mai un capello fuori posto, mai una sbavatura di rossetto. I cavalieri poi sudano solo in battaglia, ma si nota solo la fronte imperlata di sudore. No. Ma proprio no eh. Questo è quello che vogliono farvi credere quando andate a scuola. Questo amore di cortese ha solo l'aggettivo perché accadeva a personaggi della corte, mica altro. Un esempio su tutti è rappresentato dalla pastorella. Per essere brevi e concisi, è un dialogo musicato, su sfondo bucolico tra cavaliere-trovatore e la pastorella. Qui siamo agli albori della seduzione da parte dello stronzo che ti abbandona, infatti il cavaliere in quanto poeta, usa le belle parole e una finta proposta di matrimonio per sedurre la pastorella ingenuotta. La pastorella di solito si nega e rifiuta le avances, segue quindi l'inaspettato rapporto sessuale (molto spesso era uno stupro vero e proprio; voglio dire, immaginate questo cavaliere appena tornato dalla guerra, pensate mica che desideri farsi un bagno?). 
Torniamo al reale leitmotiv della rubrica. Stavo camminando e mentre camminavo ascoltavo musica, a un certo punto pongo maggiore attenzione alle parole della canzone (ndr. The XX - Sunset) e mi sono resa conto che il testo è un dialogo tra i due protagonisti. Subito il criceto che abita nel mio cervello ha scartabellato per ritrovare l'informazione: tac, dialogo, tac, diverse forme di dialogo. Questo ovviamente non è una pastorella ma solo una constatazione tra due ex-amanti che ormai non si rivolgono più la parola, nemmeno uno sguardo (una sorta di Somebody that I Used to Know ma meno invasiva). Stiracchiando uno dei generi mi permetto di associarla ad una aubade; si tratta sempre di un dialogo tra amanti, i quali però sono costretti a separarsi all'alba. Qua si tratta di tramonto e di amanti già separati, insomma, spero di non essere la sola a trovare queste affinità tra mondi così lontani e in caso contrario vi do il benvenuto nel mondo dei pipponi mentali. A proposito di amore cortese e di lingua d'oc e d'oil, mi sembrava quantomeno corretto proporre una ricetta francese.

Zuppa di cipolle
Ingredienti:
- 500 grammi di cipolle
- 1 cucchiaino di zucchero
- 50 grammi di burro
- 4 cucchiai di olio
- 1 litro di brodo
- 20 grammi di farina
- pepe nero q.b.
- 1 baguette
- 100 grammi di groviera

Una innovativa visuale offerta
dal setaccio
La parte più lunga e noiosa della ricetta è all'inizio, poiché mondare e tagliare le cipolle a fettine sottili che più sottili non si può è per l'appunto lunga e noiosa. Comunque, dopo aver perso ogni voglia di vivere e aver disidratato l'intero corpo a forza di lacrime, prendete un tegame e fate sciogliere il burro nell'olio a fuoco basso, quindi aggiungete le cipolle. Intanto preparate il litro di brodo. Sempre a fuoco basso lasciate cuocere le cipolle per 10 minuti e aggiungete il cucchiaino di zucchero; mescolate e alzate la fiamma (moderata, non alta) finché non sembrano sudare come siciliani sotto l'umidità milanese di luglio. Ponete molta attenzione: non devono né imbiondirsi né scurirsi (e potrei fare battute di stampo tricologico ma mi astengo). Quando però notate che se raccontate tre barzellette ridono alla fine perché hanno capito la prima, ovvero, iniziano a imbiondirsi, è il momento di setacciarvi sopra la farina. Continuerete quindi a mescolare per qualche minuto. A questo punto aggiungete il brodo e versatevi un bicchiere di vino perché il più fatto; da adesso in poi dovete lasciarle sobbollire per almeno 30 minuti, sempre a fuoco moderato e mescolando di tanto in tanto. Trascorsi i 30 minuti la zuppa sarà pronta e dovrete solo spruzzarla di pepe nero.

Adesso arriva il bello: secondo la ricetta, dovreste dividere la zuppa in quattro contenitori da forno, mettere a galleggiare le fettine di pane, ricoprire tutto con abbondante groviera e infornare per pochi minuti; ma cosa fai se non sai se i contenitori in tuo possesso possano sopportare il forno?
Molto semplicemente prendi la baguette, la affetti, la poni su carta forno, la ricopri di groviera - che io non avevo, ma ho usato un formaggio che si chiama Norvegia - e inforni per qualche minuto. Poi prendi le fettine e le adagi con molto giubilo sulla zuppa e finalmente mangi.




giovedì 18 aprile 2013

T'amo pio Bowie

Non me la sento di illudervi ulteriormente: per quanto io ami David Bowie questo non è un post sul mio amore verso il Duca Bianco. Ma nemmeno sul mio amore verso i gattini.
Tutto prende ispirazione dalla famosa poesia dove l'autore declama la sua affezione verso il cornuto bovino: la vedo citata su facebook e non resisto al gioco di parole. Curioso come le bufale siano bovini, nevvero?
Devo dire che ultimamente preferisco anche io gli animali agli esseri umani, questo perché grazie a internet c'è la possibilità di spargere stupidaggini come se niente fosse e anche perché, sempre grazie a internet, ormai la mia risposta di routine è letmegooglethatforyou (eppure è semplice usare google... http://lmgtfy.com/ me lo faccio tatuare in fronte. La vostra ignavia mi dona solo indisposizione.). Una volta c'era il medioevo, considerato periodo buio, dove la cultura non era alla portata di tutti, dove la scienza era considerata eresia e lo capisco anche che la gente credesse a tutto, la cultura era per pochi. Poi c'è il 2013 dove si potrebbe sviluppare un minimo di capacità di analisi, dove le fonti sono reperibili in tempo reale e da ogni parte del mondo eppure l'essere umano sceglie di prendere ogni minchiata come oro colato, al pari di una religione. Il dubbio attanaglia pochi esemplari, la maggior parte non questiona niente. Viviamo nell'era dove tutto è vero nonostante la maggioranza di noi sia andata al liceo e poi all'università (poi mi dite dove avete infilato il vostro spirito critico).
- Facebook che diventa a pagamento nonostante sull'homepage ci sia scritto che mai lo sarà (condividete!), da anni viene riproposta a cadenza fissa, un po' come Cogne a Porta a Porta. Bufala.
- Gente che regala portachiavi che voi metterete sicuramente in auto per poi scoprire che questa gente è rom e quindi vi ruberà in casa (certo, perché se vi regalano per strada un portachiavi voi sicuramente lo accettate e sicuramente lo metterete in auto; sapete una cosa? Chiunque abbia creduto a questa balla merita di essere derubato). Indovinate, bufala? Bufala.
- Occhio, stanno pubblicando filmati pornografici sulle nostre bacheche e non ce ne accorgiamo! Noi non li vediamo ma le altre persone sì. Andate a cagare, avete cliccato su un link con anteprima porno, non c'è nessun babbau... Oh sì, bufala, miei piccoli dolci pervertiti.
- Bambini che vengono da voi piangendo dicendo di essersi smarriti e poi in realtà sono rom (caspita, sempre loro) che vogliono solo adescarvi per conto della banda. Chiaro, perché se da voi viene un bambino in lacrime in una zona deserta e di notte voi non chiamate subito la polizia, no. Oh oh oh bufala.
- La nuovissima droga che basta che la tocchiate con le dita siete tutti fatti e vi derubano e vi stuprano. No, no, no. Non c'è niente di tutto questo, è una bufala!
- Cure anticancro pazzesche che vengono ottenebrate dalle lobby farmaceutiche che comprano i dottori che usano il topo che al mercato mio padre comprò. Innanzitutto la guanabana non cura il cancro e il sito italiano sulla graviola ha dovuto scrivere che i tumori non si combattono con la frutta e di andare da un medico, insomma bufale grosse come baobab. 
Allarmismi di ogni tipo che potrebbero essere uccisi sul nascere da una semplice controllatina su un qualsiasi motore di ricerca. Seriamente, spesso non capisco se ci credete davvero oppure se vi piace prendere per il culo la gente oppure, ancora meglio, vi divertite a farmi credere che siete dei boccaloni. Ormai dovreste saperlo no? Appena vedete un'immagine creata con paint che urla cose assurde che nessuno sa perché vengono insabbiate dovete sentire puzza di merda di bufala da chilometri...
A proposito di topi e di cure mediche, non è che io non sia a favore della sperimentazione animale, è che sono più favorevole alla sperimentazione sugli umani scemi.
Con umano scemo di solito mi riferisco al matto vegano o all'animalista fuori di senno che confonde le parole vivisezione con sperimentazione. Spesso questo essere mitologico converge in una sola persona che che dà da mangiare vegano al gatto e al cane perché sostiene che ai suoi cuccioli piaccia. Mecojoni! Ogni volta che date una carota a un gattino fate piangere un coniglietto! Vegani matti e animalisti fuori di senno, ammalatevi e chiedete dei farmaci non testati, voglio vedere dove riuscite ad arrivare... 
Adesso stappate una bottiglia di vino rosso e da bravi, con occhio sornione, fate il giochino "un po' a te - guardando la pentola - un po' a me - guardando il bicchiere" e ripetete con me "cercherò conferma su google prima di pubblicare annunci pieni di allarmismo".

Ingredienti:

- 45 grammi di burro
- 1 cipolla
- 30 grammi di zucchero
- 4 dl di vino
- 4 dl di acqua
- 15 grammi di aceto balsamico
- 60 grammi di brodo
- 15 grammi di maizena

Mi scuso per le misure ma la ricetta era basata su tazze e cucchiai e ho preferito convertirla onde evitare scene di disperazione nazionale. Se non mi credete siete liberi di usare la ricetta originale, in svedese.
Tagliate la cipolla a a pezzettini, dopodiché mettete a scaldare un terzo del burro in casseruola e fate rosolare la cipolla per un minuto. Aggiungete quindi lo zucchero, mescolate per un altro minuto, quindi versate il vino, l'acqua, l'aceto e il brodo (per 60 grammi di brodo vi direi di aggiungere l'acqua e il dado direttamente in pentola, senza sporcare altra roba).
Lasciate sobbollire a fuoco medio finché non si sarà ridotta di un terzo rispetto al volume iniziale. Io ho utilizzato l'antica arte del "faccio a occhio": in pratica mi sono basata su precisissimi studi e ho usato precisissimi strumenti.
Ho guardato il livello iniziale che il vino ha lasciato sulla casseruola e l'ho confrontato con il livello lasciato sul cucchiaio di legno l'ultima volta in cui l'ho immerso nella salsa.
Filtrate la salsa per recuperare la cipolla - cipolla che conserverete perché è brutto buttare la pappa buona e che può essere riutilizzata per cucinare altri piatti - e rimettete la salsa in casseruola, sempre a fuoco moderato. Mescolate la maizena con un dito di acqua fredda (ah, non avete la maizena? Non importa, usate la farina, va bene uguale) e aggiungetela alla salsa. Adesso tocca essere davvero epici perché dovrete usare il sacro scettro benedetto da tutte le salse: la frusta.

Mescolate la salsa con la frusta come se foste pervasi dal sacro fuoco degli chef parigini in balìa della besciamella, portate a ebollizione e, quando avrà la consistenza di una salsa, unite il burro rimanente.

Come vedete dall'immagine qui accanto io l'ho mangiata assieme alle  polpette servite come compagnia alle patate hasselback, però potete anche preparare un arrosto di maiale (ma anche vitello) o delle scaloppine.
E buona bufala a tutti.




mercoledì 10 aprile 2013

Sospira dolcemente e si adira. Prima o poi...

Prima o poi siamo tutte Laura... Laura chi? Seguitemi e lo scoprirete.
Che Friends possa essere considerata LA serie per eccellenza è facile a dirsi. Il motivo è praticamente uno solo: ha toccato ogni tipo si situazione che tutte le altre serie televisive toccheranno negli anni a seguire. Potrei farvi innumerevoli esempi ma andare fuori tema già alla terza frase mi sembra eccessivo, quindi vi prometto che stilerò una lista di questi esempi quanto prima. Questa serie tv ci ha fatto compagnia durante gli anni 90 e posso affermare che, dopo averla rivista in lingua originale in questi ultimi mesi, ai tempi il lavoro di doppiaggio è stato fatto con riguardo. Ogni tanto però ero costretta a sollevare il sopracciglio... Quando Ross e Joey discutono, durante l'episodio The One with the Blackout trasmesso nel novembre del 1994 riguardo il rapporto tra Ross e Rachel, culminato nel dialogo geniale riportato qui accanto, hanno sdoganato l'espressione "friend-zone".  L'Italia, si sa, non è la regina indiscussa in campo di aggiornamenti e allineamenti col mondo - nonostante la spiccata esterofilia. - e mi sono chiesta: quando noi, nel giugno 1997, abbiamo visto la stessa puntata, intitolata A lume di candela, come abbiamo ricevuto l'informazione "friend-zone"? Bene, nel mondo di internet questo è considerato lo sdoganamento del never gonna happen, però ci terrei a dirvi che, molti molti molti anni fa c'era chi decideva e preferiva mettersi in questo limbo della relazione platonica che mai culmina nel sesso. Sì, gli stilnovisti. Passare una vita a scrivere sonetti per la donna adorata senza mai possederla... ma loro erano felici così, gli stimolava la vena creativa - e forse anche qualche altro vaso sanguigno - alcuni però preferivano immergersi nello status del morto di figa, quell'individuo che ti si appiccica senza se e senza ma, roba che ti fa rimpiangere il Superattak. Perché essere briosi come un qualsiasi stilnovista quando si può essere schizofrenici e ossessivo-compulsivi come Petrarca? Ecco in breve come andarono le cose: incontra Laura (sì, quella dai bei capei d'oro, sparsi), si innamora e:
- Laura ti va di uscire?
- No, grazie
- Dai, Laura, usciamo? 
- Francè ho detto no
- Laura, me la dai?
- Senti, sei davvero buono e caro, però no, davvero, non me la sento
- E che ti costa darmela? Mi piaci troppo Laura, sei troppobbella... Su che ti offro una tazza di brodo (scusate ma il caffè ai tempi non c'era)
- Il no proprio non lo capisci eh?
(gli storici della letteratura sono combattuti: non sanno se considerarlo il primo never gonna happen di cui abbiamo le fonti).
All'ennesimo picche inizia a scrivere sonetti, e quanto sei bella, e quanto sei brava. Poi Laura muore e lui passa l'intera vita oscillando tra "Laura, però avresti potuto darmela" e "Laura, hai fatto bene a non darmela, ci siamo mantenuti puri. Però già che sei là, potresti tenere un posticino accanto a te e vicino al padreterno?", poi "Laura sto soffrendo, sono solo, perché non me l'hai data?" e infine "Ah, santa donna la mia Laura".

A quanto pare, di sola patata vive l'uomo, non solo, lo nobilita anche. Quella che propongo oggi è una ricetta tipica svedese. Heja Sverige!

Ingredienti:
- 8 patate medie, o perlomeno della stessa misura
- 2 cucchiai di burro (o margarina), circa 30 ml
- sale q.b.
- semi di sesamo q.b.
- pepe q.b.
- 100 grammi di formaggio
- 6 cucchiaini di panna acida 
- erba cipollina q.b.

La ricetta originale la trovate nel link, cliccate sul nome del piatto se volete preparare queste patate seguendo il procedimento svedese per filo e per segno. Preriscaldate il forno a 225 gradi. Sbucciate le patate e incidetele come per avere delle fette sottili ma fate attenzione: non fino alla fine, sennò vi ritrovate con le fette e non con le patate. Potete provare a metterle nel cucchiaio di legno e usare l'incavo come binario da seguire (ma servono patate grandi e non medie, mi sa).




Prendete il panetto di burro e usatelo come un enorme pastello di cera sulla pirofila in modo da imburrare tutto per bene, quindi disponete le patate in pirofila. Anche qui, mi raccomando, dal lato dei tagli e infornate per 25 minuti. 





Nel frattempo sciogliete il burro a bagno maria (oppure, se avete il microonde, qualche secondo andrà anche bene, ma seguite attentamente il procedimento perché basta un attimo e inizia a friggere e non va bene).
Tirate fuori le patate dal forno e spennellatele col burro. Ah, non avete il pennello? Il cucchiaio andrà benissimo. Cospargete col sale, col pepe nero e coi semi di sesamo.


Rimettete le patate in forno per altri 15 minuti e nel frattempo grattugiate il formaggio (utilizzando la grattugia con cui tagliate le carote alla julienne). Io qua ho usato un formaggio che si chiama Gulost - letteralmente formaggio giallo -, il quale ha un sapore piuttosto delicato, però voi potete usare il formaggio che più vi aggrada, io ho le mie idiosincrasie casearie.



Preparate anche la panna acida con l'erba cipollina, se riuscite a trovarla, consiglio e appoggio vivamente la scelta di quella fresca, sennò fate come me e usate quella secca (la quantità di erba cipollina dipende solo da quanto vi piace). Riprendete le patate, cospargetele di formaggio e rimettetele in forno per altri 5 minuti, anche a forno spento, tanto serve solo a far sciogliere il formaggio e ormai dovrebbero essere cotte.

Fate attenzione quando trasportate le patate dalla pirofila al piatto, vi consiglio di usare una spatola per sorreggere questa vichinga bontade.
Una volta stesa sul piatto è pronta per essere ricoperta di panna acida.
Il lato positivo di questa ricetta è che potete avere le patate al forno senza dover mescolare nemmeno una volta.

mercoledì 3 aprile 2013

E d'un tratto capii che il pensare è per gli stupidi...


...mentre i cervelluti si affidano all'ispirazione...

Potrei riassumere la ricetta di oggi così.
Premessa: in Norvegia (ma non so se sia costume della Scandinavia tutta) esiste una sorta di colazione/merenda preconfezionata che risponde al nome di Rislunsj (non preoccupatevi, la pronuncia è molto simile a lunch, quindi capite di cosa si stia parlando)... somiglia per certi versi a quegli yogurt della Müller ma con più riso e una crema più... non saprei come definirla. Oltre alla crema c'è anche una dose di marmellata. In pratica mi piace così tanto che non riesco ad articolare suoni a causa dell'acquolina, figuriamoci creare frasi di senso compiuto. Mi piace così tanto che mi sono detta "ohibò bisogna tentare di riprodurlo in casa" e mentre lo dicevo pensavo "se ci riesco è finita, non mangerò altro per il resto della vita". Dopo giorni di elucubrazioni, dopo quasi due settimane passate ad analizzare cucchiaiata dopo cucchiaiata la crema - è stato un sacrificio non indifferente -, scartabellare ricette su ricette (utilizzando fonti in almeno quattro lingue) finalmente mi sono decisa. Ho messo su l'ultimo album dei Depeche Mode e ho iniziato a spadellare. Per quel che vale ecco la mia personalissima recensione dell'album: va subito nella lista degli album per fare ginnastica in due, subito. Questa quindi è una ricetta sexy dove la frusta la fa da padrone.

Rislunsj:
- 500 ml di latte
- 100 grammi di zucchero
- 50 grammi di farina
- 200 ml di panna fresca
- 200 grammi di riso
- 50 grammi di cioccolato fondente
- more o marmellata di more q.b.

ovviamente la foto è stata scattata prima
di aggiungere la farina
La scelta è caduta sulla crema di latte. Per preparare la crema al latte come si deve servono cose fighe come maizena, miele e vaniglia. Però la maizena non l'ho trovata e ho evitato sia il miele che vaniglia perché volevo una crema neutra. Versate il latte in un tegame e portate a bollore. Unite lo zucchero  e la farina (mi raccomando setacciate), abbiate l'accortezza di mescolare con una frusta per evitare che si formino grumi e cuocete tutto a fuoco basso. Quando il composto inizierà a prendere le fattezze dense di una crema sarà il segnale per capire che è pronta, versatela quindi in una ciotola per farla raffreddare a temperatura ambiente. Mettete a cuocere il riso (senza sale, ovviamente), scolatelo e lasciatelo raffreddare. 


Prendete un'altra ciotola e sbattetela al fresco insieme alla frusta (non chiedetevi perché, fatelo e basta) e tornate a occuparvi della crema.
Mescolatela spesso e, quando vi sembrerà tiepida ricopritela con la pellicola trasparente. La pellicola dovrà stare a contatto con la crema così da evitare la formazione della crosticina in superficie. Nella foto vedete il riso crudo sorridente accanto alla crema e un'arancia photobomber che dichiarerà in seguito "no non ho visto niente io, io sono qua solo perché mi piace il cazzo". 


Tocca alla panna montata. Piccoli accorgimenti: panna liquida fresca, ciotola e frusta fredde di frigo. Versate la panna fresca nella ciotola e iniziate a sbatterla con la frusta (se avete uno sbattitore elettrico ovviamente questo lavoro verrà più indolore). Credo di aver sbattuto per circa 20 minuti e ho tentato di mantenere sempre lo stesso verso. Purtroppo non ho la certezza delle conseguenze di vari versi e mescolamenti, quindi mi fido della superstizione e vado avanti così ma non troppo, le leggende narrano che, se sbattuta troppo, la parte grassa e la parte liquida della panna si separano. Controllate la temperatura della crema, quando sarà fredda incorporatela delicatamente alla panna e al riso e poi mettete la ciotola in frigo. 

Capitolo more. Potete fare le fighette e usare la marmellata che avete comprato, potete fare i fighi e usare frutti di bosco freschi e tenuti per qualche ora sotto uno strato di zucchero oppure potete fare come me e usare le more surgelate. Io ho preparato tre ciotole di dessert per fare la foto coi tre passaggi, però la quantità di crema e di riso va bene per almeno sei porzioni. Vi dico questo perché non ho pesato le more in preda al mio delirio culinario, quindi regolatevi voi. Mettete le more in padella con un dito di acqua e dello zucchero; cuocete finché il liquido non si sarà ristretto quasi del tutto. 

Siamo quasi alla fine, promesso, resistete. Grattugiare il cioccolato fondente è stata una delle operazioni più rognose di tutta la mia vita poiché mi sono ritrovata scagliette di cioccolata dappertutto. Volavano pure in giro le maledette! Quando avrete finito di rincorrere le scagliette procedete in questa maniera: una cucchiaiata di more, cucchiaiate di riso affogato nella crema, spolverata di cioccolato fondente grattugiato. Ripetete finché avete crema, o ciotole, o voglia. Tenete tutto in frigo almeno per 12 ore perché più il riso sta immerso nella crema e più si impregna. E più si impregna e più diventa buono. E più diventa buono...

Let the sunshine in
L'indomani il vostro rislunsj fatto in casa avrà più o meno questo aspetto e voi sarete molto molto soddisfatti della bellezza intrinseca ed estrinseca.
Radiografia del rislunsj











Il mio indomani precisamente era un sabato, quindi sì, ho passato un venerdì sera a casa a cucinare e ad ascoltare musica (quanto mi piace l'uso della d eufonica) e visto il risultato posso dire fieramente di aver passato un venerdì sera a casa. Ho creato questi tre strati con debite distanze di sicurezza per avere la possibilità di assaggiare i sapori in coppia. Però non abbiate paura di affondare il cucchiaino e di prenderli tutti.
Prossima volta cambio cereale. Così, tanto per confondervi le idee.