martedì 28 febbraio 2012

Un martini drive (cit.) senza ghiaccio, grazie...

Avevo deciso di parlavi delle mie improvvise tachicardie in uffici pubblici condite da fiabe sulla mitica e fantastica fauna di tali ecosistemi, ma mi si è presentata davanti l'atavica questione di stampo geopolitico "chi guida sceglie la strada" unita a quella di stampo terapeutico "chi guida sceglie la musica". Quindi, a scanso di equivoci, quando siete in macchina con me, zitti e mosca.

La location e il cast sono quelli perfetti per ogni film americano/italiano/commedia/nontantocommedia: tutta la famiglia in macchina; parte uno: raggiungiamo gli amici, parte due: il ritorno a casa.

Mi prendo la briga di guidare. Subito il pater familias si sente punto nell'intimo, e non è certamente colpa del lavaggio in lavatrice con sapone di marsiglia (che, per la cronaca, rende me una dannata in preda al fuoco di sant'antonio). In un misto di retaggi tra l'Antico Impero Romano e Padre Padrone tenta di farsi consegnare le chiavi dell'autovettura dal pargolo, unico portatore sano di cognome di tutta la figliata. Lo fa in maniera subdola, con nonchalance.

No, almeno su questo siamo tutti concordi, in presenza di tre figli, abbiamo ampia scelta sull'autista.
Insiste.
"Perché io no?"
La risposta, degna dei più angelici cori di cherubini, chezzaffiri, chebbrillanti è: "Perché no.".

Siccome è cosa risaputa che ho un senso dell'orientamento degno di una P-Chan (tra l'altro sono una P-Chan anche dopo aver guardato su Google Maps) chiedo che mi venga spiegato per grandi linee il luogo d'arrivo. Silenzio. Ditemi almeno la strada!
Si alza una voce fuoricampo: Vedi? Avessi guidato io...

So già cosa state pensando e mi duole fermare la vostra lapalissiana conclusione: vaginomunita al volante > famigliola dispersa nelle stradine di amene località marittime condita da classici dialoghi dove il coro maschile non ammetterà mai che "ci siamo persi" e il coro femminile sbotta con "eh, però potremmo chiedere indicazioni". Niente di tutto ciò.

Tra teorie (nella mia testa) ed effettive indicazioni stradali, accendo l'autoradio. Subito penso: 'acc, non ho nemmeno uno dei miei cd in borsa, mi accontenterò di Perypatetic Redio. E qui casca la disgiuntiva: siamo in una conca maledetta dove si prende solamente il segnale di stazioni che parlano di calcio; non importa, non desisto, mi accontenterò dei craccraccricrecr in mezzo alle canzoni. Prontamente il pargolo portatore sano di cognome spegne l'apparecchio condendo il tutto con uno dei meno perentori "no eh, non cominciamo con questa musica".

Fase 1: guido io ed io scelgo la musica (creando un chiasmo degno dei più consumati scrittori).

Fine del dramma, con un paio di abili domande capisco il luogo designato e mi dirigo più che sicura verso il punto B. Chiacchiericcio indistinto. Bivio. Rallento e chiedo: destra o sinistra? BLA BLA BLA. Destra o sinista? BLA BLA BLA. Ok, giriamo a destra. Lungi dallo smembrare la concordia della benevolente compagine il pater familias chiosa: uhm ma forse avremmo dovuto girare a sinistra, è che non so precisamente dove si trovi il punto B.
Vabbè, per una volta che abbiamo un cartello con delle indicazioni direi di usarlo (ndr. la strada era giusta).

Al ritorno guido sempre io. Ecco che torna l'atavica questione: che strada percorriamo per tornare a casa?
C'è la nazionale, col suo panorama, che ci porta dal punto B al punto C (curioso, casa), col rischio di trovare traffico. C'è l'autostrada, che però ci costringe dal punto B, di nuovo al punto A, per poi raggiungere il fatidico punto C. In quel momento mi pento e mi dolgo della mia domanda, iniziando a desiderare che avrei preferito scoperchiare il vaso di Pandora o andare a dire agli dei che ero stata io a rubare il fuoco, altro che Prometeo. Mentre io cerco il cilicio e lo scudiscio in borsa, nel cruscotto, in tasca, nel porta-documenti, sento i due XY della famiglia dialogare tra loro in esecrabile guisa da pollame femminile: "ma là c'è confusione!" - "ma non lo sappiamo" - "e io che cosa ho detto?" - "e allora non mi hai capito!" ad libitum.
Finché non mi appello al primo emendamento:

Fase 2: sto guidando io, appena arriviamo al fatidico punto incriminato, deciderò di conseguenza e nessuno potrà opporsi.

Mi sono sentita Evita e ho evitato di farglielo pesare (ma non ho evitato la pessima battuta).
Morale della favola: tra i due litiganti, chi guida fa il bello e il cattivo tempo.


Tutta questa manfrina per dirvi che pure quando cucino non ammetto interferenze. Ma passiamo alla ricetta di oggi (tanto per dire che il vostro tempo qui non sia stato speso invano).

Muffin al cioccolato con cuore di Baileys

Ingredienti:
- 90 g di Philadelphia 
- 1 cucchiaio e 1/2 di Baileys 
- 1 uovo
 - 178 ml di latte
- 80 ml d'acqua
- 50 g di burro fuso 
- 100 g di cioccolato grattugiato
- 188 g di farina
- 2 cucchiaini di lievito in polvere
- 1/2 cucchiaino di sale
- 3 cucchiai di cacao amaro
- 100 g di zucchero

Mettete Philadelphia e Baileys in una ciotola e mescolate (la ricetta diceva di usare lo sbattitore, io sono fan del caro vecchio metodo dell'olio di gomito) il composto finché non è ben omogeneo.

In una ciotola a parte, mescolate l'uovo con il latte, l'acqua ed il burro (che io ho sciolto in un bicchiere al microonde per fare prima), quindi aggiungete il cioccolato.
Setacciate gli ingredienti secchi (farina, cacao e lievito) rimanenti e amalgamateli al composto di cui sopra.

Riempite gli stampini da muffin fino a 1/3 (se non avete quelli in silicone, imburrateli, vivaddio non vorrete mica tentare di staccarli poi), quindi lanciate là in mezzo un cucchiaino di formaggio col Baileys e ricoprite  fino a riempire gli stampini a 3/4 (mettiamola così, due cucchiai di composto prima, un cucchiaio dopo). 
A me sono venuti 13 muffin.

Infornate a 190°C per 20 minuti.


Dedico questa ricetta a mia madre, grande estimatrice della crema di uischi e alla mia amica Elisabetta. Se li merita tanto di più proprio oggi che ha finito gli esami all'università.

Ps: Dopo averli sfornati ho dovuto tenere a bada mia madre. Sembrava una leonessa a caccia in una riserva di antilopi.

martedì 21 febbraio 2012

Human After All...

Avete presente la terribile e fastidiosissima sensazione della lingua che batte dove c'è un residuo di cibo incastrato tra premolare e molare? Fastidiosa, per l'appunto. Eppure basta prendere un po' di filo interdentale, passarlo et voilà, la scocciatura viene mandata via. Purtroppo non è sempre così semplice liberarsi dei fastidi...
Un altro fastidio è causato dalla premura nel dover comunicare qualcosa. Premura impellente...
Inutile nascondersi dietro uno di quei tovagliolini (inutili anch'essi) che hanno i panifici, coi quali non puoi sperare di poter nettare il tuo musetto, e non devi sperarlo. Vi comunico con enorme fastidio e con impellente premura che sì, sono una persona empatica. ["εμπαθεια" -> en-, "dentro", e pathos, "sofferenza o sentimento"], non si direbbe, ma sono una persona empatica. Dovrei smetterla, è un vizio maledetto. L'empatia nutre la mia ipocondria, in un circolo vizioso che pure dopo aver smesso di accarezzarlo rimane vizioso. L'ho viziato.
Per di più l'altra sera Anoobi mi ha chiesto questo:


e mi è saltata alla mente una canzone dei Daft Punk.
Sono umana? Sono ancora umana oppure questa empatia è solo qualche strascico di sovrastrutture civili?
Non è un caso che ci siano tutti questi segnali che portino allo stesso punto. Sabato scorso mi sono trovata faccia a faccia con una serie di determinate categorie di umani ossessionati e nevrotici; risultato? La mia squallida empatia mi ha detto di riconoscermi nel 90% delle tipologie presentate (ma ho anche io una dignità da qualche parte, va bene tutto ma almeno la sindrome da crocerossina non è contemplata). No ma grazie, davvero.
L'empatia, nonostante tutto, a volte riesco a soffocarla... Mi capita con le mie amiche, o in generale con personaggi dalle abitudini femminili: 
- bla bla bla e lui mi ha detto bla bla bla e io gli ho detto e bla bla bla...
Io metto in modalità stand by, come quei vecchi videoregistratori, e annuisco (di solito funziona finché non mi chiedono un parere). Nella mia testa intanto, altro che suoni da risacca marina, c'è una simpatica scimmietta coi piatti - SBLENG SBLENG SBLENG - che strani questi piatti che suonano come una chitarra scordata. Non lo faccio perché sono una brutta persona (non solo per quello), è che ho una soglia di resistenza alle stronzate proprio molto bassa. E ogni anno che passa si assottiglia sempre più. Dare la colpa al dottor Sheldon Cooper non mi renderà più simpatica, vero?
La mia è solo una tecnica per ovviare a questo problema che affligge anche me: io sto usando un sacco di bla bla bla. Però innanzitutto non vi faccio domande ex abrupto, causando aritmie e sudori freddi; secondariamente potete saltare questo mio bla bla bla e scorrere con la vostra amica-rondellina-del-mouse fino alla ricetta. Cioè fino a qua.


Ingredienti: 
per la parte superiore
4 uova (2 intere 2 tuorli)
100 gr. di zucchero
400 gr. di Philadelphia
2 bustine di vanillina


per il brownie

300 g. di cioccolato fondente
200 g. di burro
6 uova
200 g. di zucchero
150 g. di farina

Per il brownie: mettete il cioccolato e il burro a sciogliere a bagno maria. Ogni tanto controllatene lo stato. Intanto sbattete le uova con lo zucchero, fino ad ottenere un composto chiaro e gonfio (usate le fruste elettriche, non fate gli eroi, pensate alla vostra famiglia); aggiungete il cioccolato ed il burro sciolti a bagnomaria e la farina.

Per il cheesecake: in una ciotola, mescolate le uova con lo zucchero, aromatizzate con la vanillina e unite il philadelphia... in questo caso anche un semplice cucchiaio di legno sarà sufficiente. Accendete il forno a 180°.

Stendete il composto al cioccolato in una teglia da 24cm. di lato, coprite con la crema di formaggio (se siete veramente pro create l’effetto marmorizzato, sennò fate come me ed evitate) e cuocete per 25 minuti (comunque dipende dal forno, dai 25 ai 40 minuti, regolatevi).
Sfornate e lasciate raffreddare, quindi mettete in frigorifero per un’oretta

Uno dei più bei commenti ricevuti dopo l'assaggio di questa bomba calorica è stato: sto sudando burro.


Per la cronaca, quando ho mal di testa mangio della nutella, se non funziona prendo un caffè (anche se sia la cioccolata che la caffeina sono considerate amplificatori delle emicranie), se non funziona nemmeno il caffè vado a dormire. Però devo rompere le uova nel panere: sappiate che le endorfine rilasciate dall'orgasmo sono davvero utili per combattere il mal di testa. Non so come funzioni per i maschi, esseri dalla meccanica semplice ma dotata di dispositivi molto delicati. Quindi, mie care (eh?) ragazze, se non avete voglia, inventatevi una scusa migliore. E, sempre per la cronaca, ho un mal di testa epico.


mercoledì 15 febbraio 2012

Se è vero che ogni sette anni cambiamo totalmente le cellule del nostro corpo...

...allora quest'anno troviamo un folto stormo di volatili per diabetici.


Andiamo con ordine, e sia chiaro, sette anni fa non mi sarei mai piegata a una frase del genere, sette anni fa ero una persona molto diversa... Cioè, non vuol dire che io sia un mutaforma, l'essenza rimane sempre quella, solo che andando avanti posso solo peggiorare.
Sette anni fa tingevo i capelli di nero, o nero blu, o nero viola; usavo balsami e maschere di prestigiose (uhm, no prestigiose no, conosciute) marche. Li lavavo quasi ogni giorno. Insomma, sette anni fa odiavo i miei capelli e li maledicevo perché avevano sempre un problema (troppo grassi, troppo corti, troppo fragili). Sette anni fa capitava di ascoltare in giro i Velvet Revolver o gli Evanescence, gli Scissors Sisters o gli Interpol, i Franz Ferdinand o i The Arcade Fire, e io, ignara del nascente movimento Indie, continuavo imperterrita con Behemoth, Cannibal Corpse, Cradle of Filth (ma dopo quell'anno ho smesso, giuro), My Dying Bride. Sette anni fa ho fatto la prima esperienza "radiofonica", era un workshop organizzato dall'università (probabilmente l'inizio della fine del mio tempo libero per i successivi anni), questa cosa mi ha portato amici, nemici, storie buffe e grottesche. Sette anni fa volevo tanto leggere Il Signore degli Anelli, avevo anche comprato il libro (che prima dell'uscita del primo film non si trovava a Catania), ma ancora non avevo iniziato a leggerlo. Sette anni fa è stata pronunciata la famosa frase "adesso vi faccio vedere come muore un italiano" e ancora non hanno smesso di frantumare le nostre povere gonadi con questo onore per gli eroi. Sette anni fa non avevo ancora instaurato la mia dipendenza da filo interdentale, non avevo ammesso le mie fissazioni (come ad esempio essere paladina del totale caos a meno che non si trattasse dei propri cd, fumetti o libri), non avevo ancora capito che preferivo la pizza tagliata in sesti e non in ottavi. Sette anni fa non sarei mai riuscita a stabilire una preferenza tra Alice in Chains e Soundgarden (per la cronaca, i primi nominati stanno sul podio). 
Sette anni fa non ricordo bene che persona fossi ma non importa. 
Non importa più. 

Appunto per rimanere in tema coi sette anni, propongo una ricetta che non faccio da almeno nove anni, non per qualche ragione particolare o per un triste ricordo a cui sono legata, semplicemente non è più capitato di preparare una cena messicana; tanto per essere sicuri ho abbondato con la datazione. Dedico questo dolce a chi era con me sette anni fa (ed è rimasto, gente coraggiosa) e a chi non c'era ma che c'è adesso (anche voi siete persone coraggiose), insomma, San Valentino un par di palle, se mi permettete il francesismo, una delle cose che non cambierà mai, nemmeno dopo aver mutato ulteriormente pelle, sarà il fatto di considerare gli amici una delle cose più importanti.





Budino di cioccolata e cannella.

Ingredienti:

- 170 grammi di zucchero
- mezzo cucchiaino di cannella in polvere
- 150 grammi di cioccolato fondente
- 312 grammi di panna
- 4 uova leggermente sbattute
-125 grammi di latte

Procedimento:


1. Preriscaldate il forno a 150°. Ungete uno stampo di 20 cm di diametro (spero per voi che abbiate degli stampi in silicone, così da non dover ungere).
2. Fate a pezzettini il cioccolato, mettetelo in un pentolino e versateci su la panna; a fuoco lento mescolate finché il cioccolato non è fuso, dopodiché togliete dal fuoco e fate intiepidire. Unite le uova e il latte.




3. Mettete lo zucchero e la cannella in un altro pentolino (o a bagno maria) con un goccio d'acqua e mettete su fuoco moderato. Quando lo zucchero inizia a sciogliersi abbassate la fiamma e mescolate finché il composto non assume colore uniforme. Versatelo nello stampo.
4. Versate anche l'altro composto e sistemate lo stampo a bagnomaria. Infornate per 40 minuti (o finché, inserendo la punta di un coltello, questa non ne uscirà asciutta).




5. Togliete lo stampo dall'acqua, lasciate raffreddare e fategli passare una notte al fresco (sì, in frigorifero). L'indomani passate un coltello sui bordi e rivoltatelo (se non avesse voglia di palesarsi, basta sistemare un panno caldo alla base dello stampo e attendere qualche minuto, quindi ripetere l'operazione chiedendogli gentilmente "scusa, hai voglia di uscire?").




Io ho dimezzato le dosi e usato degli stampini per fare dei piccoli budini, risultato ottimo però ci ha messo il doppio del tempo a cuocersi. Avevo aggiunto un decoro con stelline di zucchero ma si sono sciolte (giustamente, scema io). Potete riconoscerle da quelle chiazze gialle e arancioni.


Adesso scusatemi ma vado a fare uno scrub, devo perdere questi ultimi residui di cellule prima che sia troppo tardi...

mercoledì 8 febbraio 2012

La consunzione del maschio alfa, ovvero i biscotti al buio

Il materiale su cui accanirmi è sempre sotto gli occhi eppure non sempre lo vedo. L'altra sera però Madama Fortuna ha deciso di smetterla di vagare girando su se stessa. Perché non dedicare il seguente post a una delle mie velleità? Il maschio-alfa, la sua esistenza, vera o presunta, l'appartenenza alla categoria millantata dagli stessi che si credono tali, infine la mia ricerca, effettiva.
Siamo a conoscenza dei comportamenti dei maschi-alfa grazie all'etologia, noi uomini e donne siamo animali tanto quanto i lupi quindi non vedo perché non provare ad applicare i loro meccanismi ai nostri (lo so io perché, i lupi non hanno riviste patinate dove leggere stupidaggini). Ma andiamo con ordine.
Gerarchia innanzitutto. Il maschio-alfa crea le mode: decide cosa fare indipendentemente dagli altri e non chiede di essere seguito, non dà ordini. Il maschio-alfa sceglie la femmina-alfa ed è sostanzialmente monogamo (ma si sa come funziona, più accoppiamenti, più geni alfa in giro). Il maschio-alfa non è quello che vi hanno mostrato le riviste, non è, beninteso, l'uomo che non deve chiedere mai, non è quello che, ovunque vada, rimorchia senza problemi; non è nemmeno l'arrogante uomo dominatore che turlupina con un triplo axel di storie senza tempo, non ne ha bisogno, se esiste sei già ai suoi piedi perché istintivamente decidi che vuoi occupare una posizione sottostante e di poco adiacente alla sua soverchiante essenza.
Il maschio-alfa, questo sconosciuto, ha le sue idee e non le cambia certo per compiacere una femmina o l'altra. Ecco l'inghippo. Colui che si dichiara appartenente alla categoria riuscirà, con abile mossa tipica del maschio-alfa, a creare comunque competizione tra le cagnette aspergendole con massicce dosi di insicurezza (ponendole così tutte allo stesso livello = primo, fatale errore), ma non riuscirà mai a mantenere una sua idea, lineare e coerente (seconda, esiziale, svista). Cercherà di mimetizzarsi per continuare a far credere di essere parte della categoria mostrando la sua dipendenza da adrenalina (probabile retaggio dell'usuale conquista della gerarchia all'interno dei branchi), mostrando ogni peculiarità precipua ma ormai sarà troppo tardi. Si è incartato.
Non vedo maschi-alfa, ahimè, vedo solo degli sbiaditi emuli; se doveste avere la fortuna di avvistarne uno fatemelo sapere, si va tutti da Piero Angela.
E tu, quasi maschio-alfa che pensi di poter sfuggire al mio occhio clinico, poni più attenzione alle tue mosse ché io sono machiavellica, non mi faccio buggerare.
E voi, care ragazze che prima cadete nelle grinfie di questi assetati di conferme, trasformandovi nella perfetta geisha, fatevi un favore: smettetela. Fatevi un altro favore: preparatevi dei biscotti. Sì, anche se non siete single... anche perché se il vostro partner non ha un'erezione probabilmente è perché ha fame, tanto vale preparargli qualcosa da mangiare.


1 chilo di farina
600 grammi di margarina
200 grammi di zucchero a velo
un po' di buccia di arancia o di limone
un po' di cacao o caffè macinato per aromatizzare (oppure niente)
Cioccolata fondente/al latte/bianca q.b.
Zuccherini di ogni foggia e colore.








Impastare bene tutti gli ingredienti, facendo attenzione che siano amalgamati. Infornare per 10 minuti (circa) a 180°. Nel frattempo preparate la glassa facendo sciogliere il cioccolato a bagnomaria (se necessario unire del burro), immergere il biscotto per metà e lasciare raffreddare. Piccola precisazione: io avevo in casa solo del cioccolato con le noccioline tritate, nel quale ho disciolto un po' di zenzero in polvere. Tra l'altro a me piace tantissimo lo zenzero, poi in questo periodo pieno di raffreddori dà anche una mano.
Mangiateli single, in coppia col caffelatte, col the o con della crema di liquore.



mercoledì 1 febbraio 2012

Disgrafia o Metatesi


Disgrafia (alterazione nella scrittura delle parole) o metatesi (mutamento fonetico per cui l'ordine di due lettere viene rovesciato), scegliete quella che più vi aggrada e quella sarà la spiegazione del processo creativo che ha portato alla parola "Fabecook". 
Era una sera di ottobre come tutte le altre e chiacchieravo su Skype quando questo errore di battitura mi ha fatto esclamare "ehi ma sarebbe un nome fichissimo per un blog di cucina!". Ho impiegato qualche mese prima di tuffarmi nell'avventura, un po' perché capra informatica, un po' perché speravo di trovare un'occupazione. In attesa di trovare ciò che cerco continuo a cucinare, spadellare, impastrocchiare (sì, magari l'ultimo verbo non è propriamente convenzionale ma permettetemi il neologismo).

Io sono Charlotte, benvenuti nel mio blog. Il primo post lo dedico alla mia teiera. 
Perché? 
Perché è obiettivamente bella, inoltre (motivazione non considerabile come secondaria) perché è la mia e anche perché è arancione.






Le canto questa bellissima canzoncina:

Hot Teapot
Warm Teapot
Littleball of Tea
Happy Teapot
Orange Teapot
Pour Pour Pour

Chiunque non abbia immediatamente utilizzato una determinata melodia o non conosca la canzoncina si merita uno "Shame on you!" ed è invitato a prendere visione del video posto qui sotto.




Ok, ho vinto l'ansia da primo post... More to come.