venerdì 15 giugno 2012

Allora, ragionere, che fa? Batti?


Lo so, prima di scrivere questo post avrei dovuto compiere un ripassone della saga dell'impiegato più famoso d'Italia, così da trovare più riferimenti con le situazioni da ufficio che tutti conosciamo. Purtroppo per me sono ancora senza una connessione internet, quindi vi tocca accontentarvi di questi racconti senza eccessivi condimenti (ogni riferimento al fatto che questo sia ancora un blog di cucina è puramente casuale). Durante queste prime due settimane di vita lavorativa ho imparato che alcune cose sono necessarie, ho osservato le forme di vita attorno a me e ho annotato alcune differenze... del resto l'uomo è un animale e sopravvive per emulazione e osservare gli animali con più esperienza non ha mai ucciso nessuno. Prima però vi mostro un presente che abbiamo trovato su tutte le scrivanie, una bella sciarpina adatta sia a ripararsi dal vento sia a tifare la nazionale autoctona.
Torniamo a noi, inizierò dalle cose fondamentali da non dimenticare mai a casa:

1- Una tazza. Sì, avete letto bene, una tazza. Perché se vuoi bere una bevanda calda (di cui parlerò al punto 5) che fai, usi le tazze messe a disposizione dall'azienda? Se il primo giorno di lavoro non hai la tua, sì, usi quelle che trovi in cucina. Se sei fortunato sono calde calde di lavastoviglie, sennò olio di gomito e te la lavi. Guardiamo il lato positivo della cosa: va bene che dobbiamo essere tutti vestiti in business casual, quindi trovo questa politica del "esprimi te stesso attraverso la tua tazza" una valvola di sfogo (ok, probabilmente sto dando troppa importanza alla cosa), per di più la mia tazza è un sacco figaquindi me ne vado in giro tronfia e orgogliosa...

2- Deodorante. Non sai mai che tempo farà, ti alzi la mattina e sembra che stia per cadere il cielo e torni a casa in maniche di maglietta; quindi non sai mai come vestirti e, dato che non puoi prevedere quanto suderai conviene comprare un bell'ammenicolo salva-ascelle. Magari a fine giornata non odorerai di rosa con rugiada ma magari non girerai per i corridoi nascondendoti ammantato come Quasimodo ed evitando ogni contatto umano. Un deodorante è per sempre – De Pirls.

3- Spazzolino/Dentifricio. Come sopra. Passi 8 ore in un ufficio, pranzi in ufficio, fai milioni di viaggi alla magica e amichevole macchinetta che eroga con tanto impegno caffè, the, cioccolata calda, cappuccino, magari devi anche lavorare a contatto con qualcuno e vuoi proprio evitare che la fiatella uccida gli astanti. Semplice, alla prima occasione utile (leggi pure: dopo il primo giorno o dopo la prima volta che qualcuno ti dedica la sua fiatella) ti ricorderai di comprare uno spazzolino e un dentifricio e li userai anche.

4- Pranzo. A metà tra le cose da non dimenticare e l'osservazione dell'ambiente c'è il pasto principale da fare in ufficio. Perché va bene fare colazione con l'insalata ma è durante la pausa pranzo che vedo (e provo) le cose più strane. Durante la settimana uso il mio bellissimo bento per trasportare quello che ho la voglia e la possibilità di cucinare al momento ma il venerdì di solito nel mio ufficio si fanno ordini comuni e si mangia in compagnia. Io ne approfitto per provare i piatti tipici, dalla mia parte contiamo i pierogi, enormi ravioloni dai ripieni variegati (dal maiale al formaggio, dalle patate alle fragole) e veramente buoni, il barszcz, zuppa di verdura dalle differenti versioni, buonissima anch'essa e proprio oggi ho provato una zuppa (brodo di) pollo con maccheroni (spaghettini), non male, piena di prezzemolo come piace a me. Poi mi hanno offerto una fetta di pizza con su della salsa all'aglio. Sì, in Polonia quando compri la pizza puoi scegliere varie salse. A prescindere dal fatto che avrei voluto mangiare un barattolo di salsa all'aglio devo dire che fino ad oggi la salsa più strana l'ho vista su un piatto di pasta: era rosa e non era nessun tipo di cavolo o radicchio, era alle fragole (a quanto pare qui è una cosa normalissima mangiare la pasta con la salsa alle fragole, oh, io alla marmellata col formaggio o con le polpette ci arrivo, per questa ho bisogno di un po' più di tempo).

5- Caffè/The. Combattere la sonnolenza e amare i distributori (oggi ne ho abbracciato uno, in memoria di quelli all'università, gli insostituibili gemelli zanussi). Solitamente la prima cosa che faccio quando arrivo è togliere la giacca, la seconda è accendere il pc e la terza è recarmi alla macchinetta a prendere un cappuccino o un caffè. Non fate gli italioti storcendo il naso al pensiero del caffè polacco, prendetelo come una bevanda calda e non aspettatevi un espresso (anche perché se proprio avete voglia di un espresso e lo state cercando in un distributore automatico sedetevi, ho una brutta notizia per voi). Insomma, la tazza del punto 1 serve per contenere queste magiche bevande piene di eccitanti – perché lo sapete che questo caffè lungo contiene un sacco di caffeina, vero?

6- Ipocondria. Una delle prime cose che ho notato nei bagni (tanto per dovere di cronaca, sono puliti, molto puliti) è che forse non sono l'unica ipocondriaca. Accanto al lavandino, giusto sul distributore del sapone, staziona un cartello che ti invita a lavarti le mani con acqua calda e di premere la levetta col gomito, così da non toccare e infestare con le tue luride mani la levetta comune. Adoro (da leggere con tono sognante e con erre moscia).

7- Età. Se da un lato non c'è il problema di come rivolgerti a chi perché tanto la lingua veicolare è l'inglese e sappiamo tutti che sia tu che lei si dice you, dall'altro il problema me lo pongo perché non riesco mai a capire l'età di nessuno dei colleghi. Non puoi basarti sui nostri parametri perché magari sono già sposati (e qui si sposano prima), perché vanno ancora all'università (e non è detto che abbiano 20 anni, magari sono già sposati e si sono iscritti dopo) ma soprattutto non puoi basarti sul modo di vestire perché tanto è business casual per tutti.

8- Casual Day. A proposito di parametri e di vestiti, se dal lunedì al giovedì bisogna vestirsi "ammodino", il venerdì è il casual day. Io non sono mai stata questo gran genio della moda, anzi... però un paio di cose mi sono saltate all'occhio: i polacchi sono avanti. Avete presente l'abitudine tedesca del calzino di spugna col sandalo da gita? Bene, qui l'hanno portata a livelli superiori: collant color carne con sandali; ma anche pantacollant con calzino di collant alla caviglia (non riesco nemmeno a pronunciarlo) e generica scarpa aperta. O quel famoso detto secondo il quale non è il caso di indossare capi blu e neri contemporanamente? Ecco, se io mi sento quasi a disagio al pensiero qua devo dire che la cacocromia (passatemi il termine) non è contemplata. Morale della favola: mi sembra che tutto sia molto casual e poco business e io sembro una seriosa signorina Rottermeier. Se tutto questo accade dal lunedì al giovedì non vi dico cosa vedono le mie fosche pupille al venerdì. Il casual è davvero tanto casual.

9- Internet Explorer. La seconda cosa che faccio è accendere il computer. La prima cosa che ho notato quando l'ho acceso la prima volta è stata la presenza di questo browser che non uso da anni e che soprattutto non si blocca mai. Dopo una settimana ho installato la volpina, almeno posso ascoltare musica mentre faccio tippi tippi sulla tastiera.

10- La tastiera. Dulcis in fundo parliamo dello strumento principale di un lavoro dove si scrivono cose: la tastiera. Dimentichiamo per un attimo il fatto che sia impostata in inglese e che quindi non ho diretto accesso alle lettere accentate – problema che non è mai esistito per chi, nel corso degli anni universitari ha dovuto impostare più d'una lingua e quindi può circumnavigare l'ostacolo; dimentichiamo questo, dicevo. Ma i segni d'interpunzione, la chiocciola, i vari simboli tutti messi a caso? Eh? Avete presente quante volte cerco l'apostrofo e mi ritrovo un trattino? Oppure voglio una parentesi e leggo un asterisco? Il fatto è che ora peggioro perché ormai uso più quella tastiera che questa e allora cerco la chiocciola sul 2 e mi ritrovo le virgolette. Altro che double-check di quello che scrivo, non ho pietà di me e mi fustigo in continuazione.

giovedì 7 giugno 2012

La gaffe frettolosa...


in altre parole: prime impressioni di una settimana altrove e di quanto sia facile misinterpretare.

Prima di continuare a leggere fatemi un favore, mettete sul vostro lettore cd/mp3 (ma pure youtube va bene all'occorrenza) Dummy dei Portishead. Non è solo un consiglio per gli ascolti, è che io stessa sto godendomi questo album proprio mentre sto scrivendo – e così ve l'ho messa sul piano dell'empatia.
Il sottotitolo è "una settimana altrove" perché mi sono trasferita ed è da una settimana che noto e annoto cose – e adesso ve le beccate, non in ordine di annotazione bensì secondo un mio ordine arbitrario.

1- Paese che vai, miscelatore che trovi. Cazzate. Il miscelatore della doccia polacca è uno stronzo proprio come tutti gli altri miscelatori del mondo. Rischio sistematicamente l'ustione o l'ipotermia, appena inizio a godermi un po' di meritato teporino ecco che interviene l'acqua fredda (e vi assicuro, non c'è assolutamente bisogno di refrigerio al momento).

2- A proposito di cose che si trovano nel bagno ho notato che uno di quelli che vive con me lascia lo spazzolino senza cappuccio sull'impolveratissima mensola del bagno. The horror. E a proposito di lasciare roba in giro, a quanto pare qua si usa togliersi le scarpe appena si entra in casa, proprio come fanno i giapponesi. Il problema è che appena chiudi la porta ti becchi un pugno in faccia, i vari odori emanati dalle scarpe si sono uniti e hanno formato un'entità, quest'entità è incazzatissima, e non si sa perché ce l'ha con te.

3- I semafori cantano. Non ti accompagnano solamente con un bip bip come tutti gli altri, producono una strana sequenza di suoni che nel giro di qualche giorno inizi a canticchiare. Nel giro di qualche giorno inizi anche a odiarla quella particolare sequenza, soprattutto se la tua stanza dà sulla strada e ai semafori non importa che tu stia al quinto piano, loro canteranno più forte.

4- Si parcheggia sui marciapiedi. Lo so cosa state pensando: che incivili questi polacchi! Ok, se un polacco a Catania parcheggia sul marciapiede allora glielo dico anche io. Però qua i marciapiedi sono larghi e hanno giustamente pensato: che cosa se ne fanno i pedoni di tutto questo spazio?

5- Il tempo. Nel senso del meteo eh, mica del fuso orario. Adesso capisco quella che mi sembrava una strana abitudine che avevo notato in Irlanda, vale a dire: vado in giro imbacuccato e mi denudo appena spunta il sole. Qua le previsioni del tempo sono impossibili, nel giro di 24 ore tira vento, piove, grandina, poi spunta il sole e anche io appena vedo due raggi cerco di accaparrarmene il più possibile.

6- Il tempo. Nel senso della differente gestione del suddetto. Qua si cena presto, prestissimo, talmente presto che io farei merenda a quell'ora – ed ecco spiegato perché alcuni ristoranti chiudono alle 18:00. E probabilmente ecco perché qua la cena si chiama colazione (ok, non si chiama colazione, ma la loro parola per dire cena è molto simile alla nostra per dire colazione).

7- Qua è pieno di cani, e sono così ben educati che è il pensiero del guinzaglio che conta. A proposito di animali, qua è anche pieno di piccioni, strani corvi (viviamo strani corvi) e gabbiani. E sono tutti molto amichevoli, troppo amichevoli, vi prego lasciatemi in pace. E a te, gabbiano che hai espletato le tue funzioni vitali sul mio davanzale – perché dubito sia stato un cagnolino – non ti auguro la dissenteria, diventeresti solo più pericoloso; io ti maledico e ti condanno alla costipazione, per te e per i tuoi familiari.

8- Anche qui, per ragioni che non fatico a comprendere, è meglio non alzare braccia destrorse (aneddoto che racconterò nel prossimo post). Sempre parlando di cose illegali: non si parla di soldi. Quando mi hanno detto di non chiedere mai quanto guadagna qualcuno ho pensato "beh dai, è indelicato, non si fa". Invece non è questione di delicatezza e di educazione, proprio non si può fare.

9- La pizza qua non è male. Il caffè nemmeno. Nel senso, prendete queste cose come un cibo e una bevanda, perché se vi aspettate di trovarli nella versione italiana siete davvero sulla cattiva strada. È tutta questione di aspettative, prendetela dal giusto lato oppure mangiate altro. Tornando alla questione ristoranti che chiudono presto, ne ho trovati ben due vegetariani nello spazio di pochi metri. Da un lato è pieno di persone fissate con la salute, dall'altro ci sono io che non capisco niente di questa lingua e piuttosto che mangiare carne che non so di che animale sia preferisco darmi alle verdure.

10- Dulcis in fundo, userò il collegamento col cibo per esporre le mie perplessità linguistiche. Girando per il supermercato ho notato due cose: i polacchi sono molto educati. Dicono sempre "tak" e chiamano ogni formaggio "ser". Peccato che "tak" non sia la variante polacca del "grazie" norvegese/svedese ma solo "sì" e che non hanno eletto i formaggi come baronetti, "ser" vuole proprio dire "formaggio", vabbè (per la cronaca, al supermercato compro cose con le figure, perché sennò non ho idea di cosa mangerò, per fortuna l'Edamer si chiama sempre Edamer, i bastoncini di pesce sono uguali dappertutto e le uova vengono sempre create alla stessa maniera). Altre cose strane: buon compleanno non è una semplice traduzione di buon compleanno – e chi conosce la variante tedesca della canzoncina sa che esistono degli adattamenti molto fantasiosi – ma vuol dire letteralmente "one hundred years", quindi la canzone dei Cure vuol dire buon compleanno... no?