giovedì 26 settembre 2013

Mimesis: il realismo nella cultura occidentale

Lo scorso weekend ho rivisto Inception (Christopher Nolan, avete presente? Quello di Memento - a proposito di Memento, ho commesso il fatale errore di vederlo sonnecchiante su un divano e ho capito un quarto di quel che è possibile carpire dalla sceneggiatura). Era la seconda volta in generale che lo vedevo e la prima dopo averlo visto al cinema, nel lontano 2010, quindi molti dei colpi di scena hanno funzionato come la prima volta. Non starò qui a fare la recensione del film, non ne ho assolutamente le competenze. Quindi tranquilli, nessuno spoiler e nessun blooper, nessun commentino pieno di bava riguardo la combo fatale tra Leonardo DiCaprio, Joseph Gordon-Levitt, Tom Hardy e Cillian Murphy, niente di tutto questo. Dirò solo che la trama non è di facile memorizzazione (un po' come Pulp Fiction, bisogna vederlo più volte prima di collegare i vari pezzi) e condividerò con voi la teoria da me sviluppata dentro l'auto una sera qualsiasi. Stavo guidando e avevo messo nel lettore della macchina Disintegration, uno dei miei album preferiti (sia dei Cure che in assoluto nel mondo musicale da me conosciuto), quando improvvisamente mi trovo a prestare attenzione alle parole di Pictures of You.
I've been looking so long at these pictures of you
That I almost believe that they're real
I've been living so long with my pictures of you
That I almost believe that the pictures are
All I can feel
Cavoli, ma questa è esattamente la visione che il personaggio interpretato da Leonardo DiCaprio ha della sua vita da qualche anno a questa parte. Se fossi stata dentro a un film mi sarei attaccata al freno tirando una frenata colossale, ma frenare di botto a Catania (e in generale) non è una mossa da volpe.
Insomma, intanto arrivo sotto casa dei miei amici e infervorata come un Dottor Frankenstein (che si legge franchenstin) che riesce a riportare in vita la creatura, immediatamente condivido questa teoria con loro - sia perché conoscono la canzone in questione senza dover leggere il testo e sia perché avevano visto il film - mi hanno dato della pazza visionaria (cioè, non solo per questo motivo, di solito le ragioni sono molteplici). Passano gli anni però io continuo a sostenere che sia esattamente la costruzione del personaggio Cobb. Sento ancora le loro voci risuonare "ma dai, ma che dici?".
Precisazione doverosa sul titolo: è preso da un saggio di Auerbach, intitolato per l'appunto Mimesis: il realismo nella letteratura occidentale. Questo saggio è il fondamento dell'approccio alla letteratura comparata. Lo so che non si parla di letteratura ma una comparazione tra un testo e un film si meritava qualcosa del genere.

Inception Cake
Ingredienti:
- 1 vasetto di yogurt
- 3 uova
- 2 vasetti di zucchero
- 3 vasetti di farina
- 1 vasetto di olio di semi
- 1 bustina di lievito
- 1 cucchiaino di cardamomo in polvere
- 300 grammi di carote
per il frosting:
- 200 grammi di philadelphia
- 50 grammi di burro
- 50 grammi di zucchero a velo
per il ripieno:
- 200 grammi di philadelphia
- 100 grammi di cioccolato fondente
decorazione:
- 100 grammi di cioccolato fondente

Perché torta Inception? Perché è una torta in una torta in una torta.
Tutto nasce da un vasetto di yogurt alla banana che - giustamente - nessuno voleva mangiare.
Torta numero 1: ciambella dei sette vasetti. In una ciotola rompete le uova e versate il vasetto di yogurt (se non avete il vasetto pesate 125 grammi). Tenete il vasetto da parte poiché servirà per misurare gli altri ingredienti. Mescolate uova e yogurt, aggiungete lo zucchero e la farina, infine il lievito. 

Torta numero 2: carrot cake. Mentre ero lì lì per prendere la tortiera, imburrarla e infarinarla mentre preriscaldavo in forno, mi sono ricordata che a casa avevamo parlato della carrot cake. No, non è propriamente una camilla della mulino bianco. Insomma, ho pesato le carote, le ho grattugiate e le ho aggiunte all'impasto. Non paga, non contenta, ho deciso di aromatizzare l'impasto con del cardamomo (avrei potuto usare lo zenzero ma il giorno prima avevo mangiato dei biscottini al cardamomo e mi sono ripromessa di usarlo il prima possibile). Il cardamomo del resto è un po' come Domodossola, nessuno sa dove sia Domodossola. Il cardamomo lo senti solo nominare finché non lo assaggi; di che sa? Bella domanda... un po' di zenzero, ma non è zenzero (no shit, Sherlock). Preriscaldate il forno a 180°, infornate per 40 minuti - o tirate fuori la torta quando, infilando uno stecchino, quest'ultimo esce asciutto.
Ho lasciato la torta da parte a raffreddare e prima di poter iniziare a preparare il frosting, qualcuno mi ha donato un suggerimento. E se usassi molto cioccolato? Oh insomma, chi sono io per dire di no? Al cioccolato poi...

Torta numero 3: Inception
Quando la torta sarà fredda, o almeno tiepida, tiratela fuori dallo stampo e tagliatela a metà - per la cronaca, questo aggeggio per tagliare le torte è una delle scoperte più belle del 2013: mai più coltellacci, mai più tagli asimmetrici, mai più mani impiastricciate.
A questo punto ho sciolto il cioccolato con un goccino di acqua e l'ho mescolato al philadelphia. Non ho usato burro, olio o latte perché non era parte di una glassa. Spalmate con cura la crema ricordandovi di lasciare 5 millimetri di bordo, onde evitare che la crema strabordi, mescolandosi con il frosting, macchiando il frosting, rovinando la vostra vita.
Grattugiate il cioccolato ma usate il mixer, io ho già fatto una volta la pazzia di grattugiare a mano e l'esperienza mi è bastata: piccole scagliettine di cioccolato dappertutto. Col mixer si riesce un minimo a contenerle in un unico spazio. Mescolate il philadelphia con lo zucchero a velo (se vanigliato è ancora meglio, ma non è necessario) e spalmate dappertutto, infine ricoprite con le scagliette. Attenzione perché vi ritroverete scagliette sulle mani, scagliette che si depositeranno strato dopo strato, donandovi un aspetto da mostro della palude (però poi ho leccato le dita, quindi è tutto ok).
Adesso la torta è finita, andate in pace. Infilatela almeno 30 minuti in frigo o mangiatela il giorno dopo - qui è stata mangiata due secondi dopo aver finito di spargere scagliette, quindi se non riuscite a resistere vi perdono.







giovedì 19 settembre 2013

False friends will be false friends

Sarà capitato anche a voi, di avere un falso amico in famiglia, recitava la canzone...
Benvenuti a una nuova puntata di "chi vuol essere disgrafico e subire interferenze linguistiche con attacchi incrociati, carpiati e triplo axel finale", oppure, come scrivere un post partendo da una parola.
Vi avevo già parlato di alcuni fenomeni che mi sono successi durante questi mesi norvegesi, eppure rieccomi qua a parlarne, non soddisfatta, non paga.
Falsi amici, cari amici miei. Cosa sono i falsi amici? La risposta è dentro di voi, e però è sbagliata.
I falsi amici sono una delle cose più divertenti dell'universo linguistico. Prendi una parola, trattala male... no, prendi una parola e, cercando appiglio alle lingue che conosci, crei dei succosissimi qui pro quo.
Sei in Norvegia e senti qualcuno dire "panna", ti chiedi perché.

NO panna > IT fronte
NO fløte > IT panna

Questo è un esempio raro, per quel che ho potuto osservare fino ad ora; come già affermato, il norvegese si trova a metà tra inglese e tedesco, quindi i false friend sono all'ordine del giorno.
O parole scritte alla stessa maniera ma con significato completamente differente, oppure pronunciate in maniera simile, oppure con un leggero cambio di significato (scusate se utilizzo parole di uso comune per esprimermi).

NO bra > bravo
EN bra > reggiseno

NO gift > sposato/veleno
EN gift > dono
DE gift > veleno
(c'è un fenomeno simile anche in svedese, immaginate quante battute agli uomini sposati)

NO fart > velocità
EN fart > puzzetta

NO grei > diretto/chiaro
EN grey > grigio (in norvegese si dice grå e si legge gro)

Accadono anche cose divertenti come l'inglese che adotta una parola norvegese (molti ma molti ma molti anni fa) e la trasforma in un sinonimo di registro basso, un po' come abbiamo fatto noi italiani adottando parole tedesche.

NO rumpe > sedere, parola usata soprattutto dai bambini
EN rump > fesa, groppa, didietro, sempre per descrivere animali

Oppure l'uso dei modali

NO vil > volere
EN will > usato per comporre il futuro

NO skal > usato per comporre il futuro
EN shall > forma molto molto gentile per chiedere le cose e, a volte, sostituto di will
(quest'ultimo esempio è un false friend solo con un po' di fantasia, uno si legge scall e l'altro sciall)

Poi magari capita di leggere 
NO > som regel
e credi che sia una roba tipo "alcune regole" a metà tra inglese (some) e tedesco (regeln), invece vuol dire "di solito"

o anche
NO men > ma > EN men > uomini
EN but > ma 

oppure

NO > fire > quattro > EN fire > fuoco
EN > four > quattro

ma finora, la migliore mescolanza è avvenuta tra "buono" e "dio"

EN good > DE gut > NO god
EN god > DE gott > NO gud

Per oggi è tutto, credo di avervi tediati sufficientemente nonostante abbia tentato di evitare paroloni ed eccessive spiegazioni/definizioni, quelle non piacciono a nessuno.

Pasta brisèe
Ingredienti:
- 200 grammi di farina
- 100 grammi di burro
- 70 millilitri di acqua fredda

Le leggende narrano delle due cugine pasta sfoglia e pasta brisèe, entrambe molto utili e buone. Ma la prima è nata con un'anima terribile, l'altra è, invero, buona e gentile. Se vuoi preparare una torta salata, dice sempre la teglia magica, la pasta sfoglia è molto buona ma la pasta briseé è la migliore.
Prendete un frullatore e versate nel bicchiere la farina e il burro a pezzi, freddo da frigo. Frullate il tutto con un pizzico di sale fino ad ottenere della sabbia burrosissima. Ah, non avete il mixer oppure, come me, vi rendete conto di non capire perché il mixer non si azioni? Non c'è problema, basta usare una frusta elettrica.
A questo punto dovreste usare un ripiano di metallo, vetro o marmo e versare l'acqua - molto molto fredda e poco alla volta - nella farina disposta nella forma a fontana, io non ce l'avevo - non la fontana, il ripiano - e ho usato una megaciotola in metallo (questo solo per mantenere la temperatura molto bassa). Impastate fino ad ottenere una palletta compatta, soda ed elastica. Propongo ti tirare una sculacciata alla palletta e se fa rumore di chiappa allora va bene. A questo punto avvolgetela nella pellicola da cucina e lasciatela in frigo per almeno 40 minuti - piccola nota: la mia palletta non è del colore solito della pasta brisèe che compriamo al supermercato perché ho usato farina integrale.
Passati i 40 minuti la pasta sarà pronta per essere utilizzata; io ho preparato una torta salata. In realtà non avevo idea di cosa preparare per cena e ho iniziato saltando delle verdure in padella, dopodiché mi sono detta "e che ci faccio?"; l'occasione fa la donna impastatrice con gomito da tennista e ho reputato fosse la volta buona per provare la briseé (anche perché al supermercato non ne ho vista).
Le verdure sceglietele a vostro piacimento, io ho solo svuotato il frigo, per quello ho successivamente aggiunto due uova e della creme fraiche che stava per scadere.
Ho steso la pasta - 5 millimetri massimo, sennò non cuoce più -, versato tutto le verdure (attenzione a non lasciare troppo sughetto di cottura) e sopra di esse ho versato il composto di uova e creme fraiche (ah mi raccomando, non dimenticate di usare del sale). Infine, io ho anche aggiunto uno strato di formaggio, così, perché ne ho trovato un pezzo in frigo. Infornate a 180° per circa 50 minuti e servite.

domenica 8 settembre 2013

Norwegian Horror Story

Rubo senza ritegno il titolo alla serie American Horror Story, la quale è una delle mie serie televisive preferite - anche se la definizione "televisivo" è parecchio errata in quanto non faccio uso di televisione da almeno 3 anni - e di horror ha solo il titolo. Se non l'avete vista peggio per voi, sono due serie e la prima mi è piaciuta più della seconda anche se obiettivamente la seconda ha una sceneggiatura scritta meglio - a proposito, ecco uno dei teaser della terza stagione. Horror, dicevo. Perché horror? Perché ogni tanto non vi capitano quelle giornate che vi sembrano piene di particolari troppo loschi? No? Beh a me ne è capitata una proprio durante la settimana appena trascorsa.
Giovedì mattina, mi alzo - ah che bello, è tutto grigio -, preparo la colazione, accendo la radio e mi siedo. La ricezione è disturbata, inizio a pensare di essere stata vittima di un incidente come Jack Black in Be kind, rewind. Sono piena di onde elettromagnetiche - ma no dai, qualcuno avrà mica toccato la rondellina? Giro, rigiro, tocco l'antenna... niente, mi rassegno, forse nella notte un fulmine mi ha colpita sul serio... Peccato però, una stazione radio che funziona meglio di Virgin Radio... è ora di portare la bambina a scuola (no, non è mia), in macchina niente radio. Vado di fretta, vedo una tipa col passeggino, a un incrocio un anziano signore con le mani dietro la schiena mi lancia un'occhiataccia perché sto andando troppo veloce per i suoi gusti. Ecco, da grande voglio diventare come lui e redarguire tutti quelli che vanno oltre i 50 km all'ora. Lascio la bambina a scuola e torno indietro. Il vecchio non si è spostato di un millimetro, sarà mica un bug di Matrix? Mi redarguisce nuovamente, però per la velocità di prima. Di nuovo la tipa col passeggino - sì, dai, sono decisamente dentro Matrix... sono ben lontana dal conturbante descritto in letteratura... la stazione radio continua a non funzionare e non posso nemmeno prendermela con Radio Maria. Preparo la cena, accendo la radio ed è sempre disturbata, per un po' reggo la sensazione delle mezze canzoni ma  poi continuo in silenzio. La cena è pronta, mi siedo a mangiare e ricevo una telefonata "stai più attenta del solito, ho ricevuto un sms scritto in pessimo norvegese da parte di qualcuno che vuole comprare la chitarra e che vorrebbe passare a vederla, ho detto di passare dopo le otto ma tu stai all'erta, soprattutto se senti i cani abbaiare. Se qualcuno entra nel giardino devi agire". Grandioso, sì, ora sì che sono tranquilla - sola in una casa in mezzo alla campagna e con una bambina di tre anni - una delle cagne è in calore quindi potrebbe latrare per qualsiasi cosa, ora sì che sono nel panico. E se arriva veramente qualcuno? Oddio c'è qualcuno nel giardino! Ah no, è il vicino nel suo di giardino. Calma. Accendo la radio così mi rilasso, no, l'angoscia delle mezze canzoni. Finisco la cena alzandomi a intervalli regolari di un boccone: in pratica, forchettata, mi alzo, mastico davanti la finestra, mi risiedo giusto il tempo della forchettata. Intanto tengo nervosamente il cellulare in mano ripetendomi come un mantra il numero della polizia... però tutta la situazione non è corretta poiché in questi casi servono una linea telefonica da tagliare per lasciare la casa nell'isolamento più totale e un telefono cordless di quelli belli grossi e bianchi. No, non bianchi, panna. Senza quelli non si può nemmeno correre in giardino per sfuggire dalle grinfie del'assassino. Si fanno le cinque, torna la madre e io devo scappare al corso di norvegese. Ci sono 15 gradi, ed è tutto grigio. Guido nuovamente in silenzio, mi guardo attorno e penso "manca solo una bella nevicata, ci starebbe bene un po' di luccicanza".

Per la cronaca, come da spiegazione di horror c'è solo il titolo e poi non è successo assolutamente nulla. L'unica cosa strana è che durante la pausa al corso, un tipo s'è avvicinato e appena ha saputo che ero italiana mi ha chiesto se ricordassi George Weah (un giorno capirò perché il mio cervello ricorda come scrivere il nome di questo calciatore) perché lui veniva dal suo stesso Paese. Grandioso, di nuovo... perché tu, sconosciuto, ti avvicini per parlare? Perché proprio io? Eh?

The Mexican Cherry Stew Massacre
Ingredienti:
- 500 grammi di pasta
- 3 decilitri di panna
- 2 confezioni di fagioli
- 1 confezione di pomodorini
- 2 cucchiaini di concentrato di pomodoro
- 1 cipolla
- formaggio q.b.
- 1 dado

Premessa: a una delle bambine piace mangiare messicano - o almeno, quello che qua credono sia messicano, perché le tortilla le chiamano taco e soprattutto in questi taco (no, non tacos, solo taco) ci mettono anche l'ananas e nel ripieno al posto del macinato usano la zucchina - per cui mi chiede "stasera prepariamo i taco?". Non ho voglia di andare a fare la spesa allora decido di preparare qualcosa che avesse una parvenza di messicano con quel che c'è in dispensa; tanto, peggio dell'ananas nella tortilla non può andare. 
Aggiungiamo horror su horror con la ricetta di oggi, nata totalmente per caso con ingredienti alla rinfusa, aggiunte dell'ultimo momento. Eppure, eppure tanto male non è riuscita.
Tagliate la cipolla e mettetela a friggere, intanto scolate le due confezioni di fagioli - nota bene, io ho usato quelli bianchi che di solito vanno nelle insalate - e versatele sulla cipolla. Aprite la lattina di pomodorini e versatela sui fagioli, schiacciate i pomodorini, aggiungete due cucchiaini di concentrato e infine un dado. Intanto preparate la pasta: 500 grammi di pasta corta e passa la paura.
Mentre la pasta cuoce mi ricordo di avere un mix di spezie adatto per la carne - mi dico tra me e me "non c'è carne in questo piatto ma possiamo dare almeno l'odore delle stesse spezie" - e decido di usarlo. Intanto mi rendo conto che la salsa non potrà mai essere sufficiente per condire tutta la pasta. Che faccio? Aggiungo una confezione di salsa?
No così diventa semplice pasta e fagioli. Nei taco mettono la panna acida, però la panna acida nella salsa? Non mi convince, facciamo che uso la panna normale. Scolo la pasta e penso "e ora dove unisco tutto?", non ho molta voglia di trovare soluzioni allora agguanto una teglia e mescolo tutto lì, ricopro di formaggio e inforno giusto il tempo di farlo sciogliere. 
Descritta così effettivamente sembra un pastone all'americana e probabilmente lo è, però averebbe potuto essere peggio. Quello che mi fa perdere le staffe è che quando preparo del cibo con cura almeno una delle bambine farà i capricci, invece con questo pastrocchio hanno mangiato tutte. Una di loro non solo ne ha mangiato due piatti di fila ma ha finito gli avanzi il giorno dopo appena tornata da scuola. Misteri della Norvegia.