lunedì 26 gennaio 2015

Come essere norvegese in en, to, tre


Tentare di spiegare cosa voglia dire vivere in Norvegia o come siano i norvegesi è come invitare qualcuno a vedere con te una delle tue serie tv preferite ed iniziare dalla terza puntata della quarta serie, tentando di delucidare i rapporti tra personaggi ma anche cercando di interpretare i meccanismi e le situazioni pregresse proprio mentre guardi la puntata.
Quindi farò del mio meglio. I norvegesi sono strani, e sono strani come qualsiasi altro popolo appare agli occhi di un espatriato.
Quando mi sono trasferita una mia amica mi ha donato il link di questo video e devo dire che è molto realistico nonostante l'intento canzonatorio. Essendo in inglese, senza sottotitoli e con un buffo accento norvegese, so di non averlo reso fruibile a tutti. Me ne scuserei ma in fondo non mi dispiace.

Il norvegese nasce con gli sci ai piedi, viene cresciuto a patate bollite e pesce finché non va via da casa - di solito all'età di 18-19 anni per via dell'università. Ho visto bambini di due anni capaci appena di stare in piedi buttati sulla neve e con gli sci. Il norvegese viene sì cresciuto a patate bollite e pesce, però dentro casa, solo dentro casa. Qualsiasi altra attività esterna (scuola o passeggiate, per esempio) viene ritenuta degna dell'essere norvegese solo in presenza del matpakke. Il matpakke (mat = cibo, pakke = confezione, pacchetto, contenitore) è quella cosa che noi possiamo definire come la merenda che portavamo a scuola, ma non le merendine. Questo è un matpakke che ho preparato personalmente: fetta di pane imburrata, formaggio e fettina di cetriolo (in alternativa va bene del salume e del peperone crudo; sono stati osservati casi di accompagnamento come cremine spalmabili di dubbio contenuto. I norvegesi chiamano qualsiasi cosa che mettono sul pane "pålegg", tradotto letteralmente come "qualcosa messa/spalmata/stesa su". Il dubbio contenuto di queste cremine varia dal fegato allo sgombro, dal formaggio in tubetto al semplice formaggio spalmabile). Il burro è necessario. Una volta la Norvegia ha finito il burro, quindi ha ricominciato a seguire una delle sue vecchie tradizioni vichinghe: razziare i posti vicini. In quel caso i norvegesi hanno preso la macchina e sono andati fino in Svezia a far collezione di burro ma il piglio era lo stesso dei tempi andati, quando distruggevano villaggi in terra inglese. Una volta ho detto che stavo preparando una ciambella senza burro e mi hanno guardato come se fossi un'aliena chiedendo "ma perché no? Il burro è buono, fa bene, è naturale", in Italia mi avrebbero eretto una statua come eroina della patria. I norvegesi hanno anche un rifiuto psicologico verso il pane bianco, piuttosto che mangiare pane bianco si lasciano morire di fame e il formaggio deve essere affettato al momento.
I norvegesi sono orgogliosi in generale ma sono molto, molto orgogliosi di aver inventato il tagliaformaggio. Quello che vedete sotto il tagliaformaggionorvegese è un tipico prodotto, il brunost (tradotto letteralmente: formaggio marrone. Esiste solo in Norvegia, originariamente come formaggio di latte di capra ed il colore è il prodotto di non so esattamente quale processo che accade durante la preparazione: il calore rende lo zucchero del latte come caramello. A causa di ciò non si consuma con salumi ma con burro o marmellata). E' assolutamente socialmente accettato l'uso di consumare il matpakke della colazione sul bus (se potessero sono sicura che si porterebbero un matpakke pure alle feste). Di solito le fette di pane sono accompagnate da frutta o pomodorini. Non è inusuale vedere bambini imbacuccati - ma non troppo perché devono abituarsi al freddo - che mangiano sul bus verso l'asilo, seduti accanto ai genitori che consumano il loro matpakke. Ovviamente è necessaria una bottiglia riempita d'acqua o una tazza termica per il viaggio. Il matpakke e la tazza termica fanno parte del kit per il norvegese principiante assieme a un qualsiasi articolo con su la bandiera norvegese; non importa se sia uno zaino, un berretto di lana o una giacca, qualcosa deve avere la bandiera norvegese. 

Crostata di pistacchio:
- 100 grammi di pistacchio
- 250 grammi di farina
- 1 uovo
- 125 grammi di burro
- 100 grammi di zucchero a velo

Cosa fai quando hai in casa del pistacchio che sta per scadere e sei in preda alla sindrome premestruale?
Il mio primo pensiero è stato: preparo le lasagne con funghi, pistacchio e prosciutto. Oppure potrei preparare degli involtini di pollo con philadelphia e pistacchio. Ma è domenica, non ho in casa dei funghi, non ho sufficiente latte per preparare la besciamella, mi manca il pollo e pure il philadelhphia; soprattutto non ho voglia di uscire.
Mi ricordo improvvisamente di avere una mezza busta di budino al cioccolato che aspetta di essere preparata e mi metto subito all'opera.
Frullo i pistacchi, aggiungo lo zucchero a velo, il burro (burro appena preso dal frigo, non a temperatura ambiente né tanto meno sciolto, altrimenti diventa un vero inferno impastare), infine l'uovo e la farina.
Prendo la pasta dal cesto dell'impastatrice e le do un paio di colpetti a mano; la sculaccio per sentire l'effetto che fa.
Il rumore è lo stesso di una chiappa soda, sono soddisfatta.
La avvolgo nella pellicola per alimenti dopo averla appallottolata per bene e la lascio riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.

Intanto preparo il budino. Voi potete usare la vostra ricetta di budino al cioccolato, io possedevo quella mezza busta e volevo liberarmene.
Per di più non puoi tentare di convincere una femmina in preda alla sindrome premestruale e in piena voglia di cioccolata di lavorare su un budino per più di qualche minuto.
Mi sono permessa di aggiungere 100 grammi di salsa al caramello al budino. Anche la salsa al caramello (che forse in italiano suona meglio come sciroppo al caramello) era già pronta nella sua bottiglia - non so quanti di questi prodotti si trovino già confezionati e pronti all'uso in Italia ma qui in Norvegia è un fatto piuttosto comune. In ogni caso, volevo aggiungere un leggero sentore di caramello e 100 grammi di salsa/sciroppo hanno fatto al caso mio.
Intanto sono passati i 30 minuti e tocca stendere la pasta. Accendete il forno a 200 gradi e impugnate il mattarello. Le leggende narrano che si debba stendere per uno spessore di 4-5 mm, io credo di aver esagerato sulla base lasciando almeno 6-7 mm.
Stesa la pasta e adagiata quest'ultima nella tortiera - la mia è di 26 cm - mi rendo conto di avere troppo bordo, allora lo taglio, lo impasto velocemente (prima che il calore della cucina e delle mani renda impossibile ogni ulteriore operazione) e creo dei biscotti.
Dato che non avevo idea di cosa sarebbe potuto accadere in caso di budino su pasta frolla, ho preferito operare una cottura alla cieca. Ma non avevo nemmeno legumi quindi ho sperimentato.
Bucherellate la pasta, mi raccomando, sennò si gonfia e vi rovina la crostata.
Controllo varie ricette e tutte dicono di infornate per 15 minuti; lo faccio anche io. Passati i 15 minuti i biscotti sono ovviamente cotti a sufficienza e allora li tiro fuori e li lascio raffreddare. Da quel punto in poi controllo la base della crostata a intervalli regolari (ogni 5-10 minuti).
Morale della favola: se con la cottura alla cieca che coinvolge i legumi usiamo 15-20 minuti, con la cottura alla cieca senza i legumi io ho impiegato circa 30 minuti.
L'ho lasciata raffreddare leggermente, spalmato il budino e adagiati i biscotti su quest'ultimo.
Ho poi infilato la teglia in frigo per un paio di ore.
Come natura vuole, il giorno dopo era ancora più buona e più facile da tagliare.
Dato il pistacchio di buona qualità non c'è stato bisogno di aggiungere coloranti e, data la presenza del budino e del caramello avrei anche potuto evitare lo zucchero a velo nel'impasto.


sabato 17 gennaio 2015

E non me ne accorsi

Andiamo con ordine. Alfabetico.
Non so perché ma ho immaginato la voce narrante come quella del giovane Stefano Accorsi in Jack Frusciante è uscito dal gruppo.

Ti sei trasferita in Norvegia; parli quasi decentemente qualche lingua ma nonostante questo non sei proprio riuscita a imparare il polacco. Però tra te e te dici "vabbè ma il norvegese è una lingua a metà tra inglese e tedesco, basta una spintarella".
Ni.
Arrivi in Norvegia, leggi cose a caso e capisci. E' un enorme passo avanti rispetto al dover fare la spesa con google traduttore a portata di mano.
Arrivi in Norvegia, studi l'A1 da autodidatta in una settimana circa e ti butti nel corso A2. Dai, si può fare.
Dopo il corso A2 e qualche mese di permanenza, nonostante il non costante contatto con norvegicoparlanti - l'inglese lo parlano tutti - riesci a carpire i concetti importanti di frasi dette a voce o lette su libri.
Ma c'è un ma, un grosso ma, un faraonico ma. Più lo guardi e più cresce. E lui ti guarda eh, sornione.
Sembra un soufflé pronto a esploderti in faccia, oppure a sgonfiarsi del tutto. Ma ti guarda; sicuro, lui.
A prescindere dal problema comune di coloro i quali masticano almeno due lingue - ovvero le interferenze inaspettate e del fatto che il cervello si prende in giro da solo ripetendomi e rassicurandomi "dai, questa parola è tale e quale all'inglese (o al tedesco), mica vorrai trascriverla. Ma è ovvio che te la ricorderai nell'esatto momento del bisogno"; dopo due anni abbondanti di permanenza, corsi, contatti con norvegicoparlanti (i quali, nonostante parlino tutti inglese, ci tengono ovviamente a usare la loro lingua e allora per aiutarti minimizzano l'uso dell'inglese), giornali, televisione, sottotitoli, libri e quant'altro, ancora ho problemi con le vocali. Puoi leggere a voce alta ed esercitarti quanto vuoi, ma prima o poi la vocale la sbagli.
Eccolo il grosso ma, le vocali.
In italiano abbiamo cinque vocali (studiosi di linguistica, lo so che sono di più ma venitemi incontro per una volta): a, e, i, o, u. Va bene, abbiamo pure i dittonghi ma si leggono comunque in una sola maniera.
In spagnolo ci sono cinque vocali, le stesse delle italiane e, pure se le accenti non cambiano pronuncia.
In inglese le vocali sono solo cinque ma per ragioni che io e i linguisti di cui sopra conosciamo e non vogliamo dirvi per non tediarvi, la pronuncia dipende dalla posizione della vocale (o delle vocali). Ma il problema non si pone più di tanto, ho iniziato con l'inglese in prima elementare.
In tedesco le vocali sono otto: a, ä, e, i, o, ö, u, ü. La posizione non conta, si leggono sempre alla stessa maniera. La a è sempre a, la ä si legge sempre e, anche la e si legge sempre e, la i, la o e la u non cambiano mentre invece per la ö e la ü dovete immedesimarvi in Calderoli, in un leghista o in un bresciano qualsiasi. Vivete nella bassa, emanate suoni gutturali che nemmeno un Uruk-hai: chiudete quelle vocali.

E il gioco finisce qui.

No.
In Norvegia le vocali sono a, e, i, o, u e alla fine dell'alfabeto hanno aggiunto å, æ, ø. Perché alla fine non lo so, ma tant'è.
La a non si legge mica a, è una sorta di o ma dipende dov'è messa. Quindi a volte suona come una a. La e si legge e, la i si legge i, la o non si leggerà mica o, hanno la a per questo. La o si legge come una lunga u... e la u? La u si legge ü. La nostra o è rappresentata a vocali senza frontiere dalla å e la nostra a è prodotta con una lunga e aperta a da æ. Dulcis in fundo, la ø si legge come la ö.
Ora vorrei vedere voi, magari di fretta, con vocali ben fissate e radicate nel vostro cervello a non tentare di sillabare la o del vostro cognome come o e non con una lunga u.
E questo ma continua a fissarmi, lo saluto timidamente con la manina e con un sorriso imbarazzato stampato in faccia.

Muffin salati:
- 300 gr. di salmone fresco
- 1/2 cipolla
- 3 uova
- 2 funghi
- 1 carota
- 100 ml di panna acida
- 250 gr. di patate
- 1 bustina di lievito
- Aneto q.b.

Mi è stato fatto notare che dovrei usare più ingredienti del luogo perché cose come la bottarga in Norvegia non si trovano. Tanto di cappello, io la bottarga me la sono portata da casa da brava immigrata e non oso immaginare quanto possa costare nei negozi di importazione. Allora ho pensato: come crescono i norvegesi?
Patate e pesce. E allora via.
Mettete a bollire le patate, per fare prima sbucciatele e tagliatele a cubetti - invece di 30 minuti ne impiegheranno 20; non dimenticate di salare l'acqua di cottura. Tagliate la cipolla e fatela imbiondire a fuoco medio-basso, tagliate i funghi e aggiungeteli alla cipolla. Intanto tagliate a cubetti i tranci di salmone e, quando i funghi saranno sufficientemente appassiti, aggiungete pure i cubetti si salmone in padella; salate e pepate.
Mentre le patate si cuociono e la cipolla fa amicizia coi funghi e il salmone, sbucciate una carota e tagliatela alla julienne.
Scolate le patate e schiacciatele in una ciotola capiente, aspettate che si intiepidiscano e iniziate con l'impasto per i muffin: rompete le uova nel paniere, no, nella ciotola; aggiungete la carota e il composto di cipolla, funghi e salmone. Mescolate per bene e accendete il forno a 180°. 
Adesso aggiungete la panna acida. Perché la panna acida e non il latte? Perché avevo la panna acida in frigo, voi usate pure il latte o la panna normale. Mescolate e inserite la bustina di lievito. Prima apritela, vi serve solo la polverina. Per chi, come me, non possiede bustine, bastano 12 grammi di lievito - ma il lievito norvegese è un pochettino debole, quindi io devo sempre raddoppiare la dose.
Come tocco finale, annettete all'epico impasto dell'aneto e dividete il tutto nei pirottini. Ho scelto di decorare i muffin con dei semi di girasole e di zucca. Non aggiungono troppo al sapore finale ma è una decorazione e in quanto tale non deve avere molti altri sensi se non quello di essere carina e di sorridere agli astanti.Infornate per circa 20 minuti; per sincerarvi della compiuta cottura infilzate i muffin con uno stecchino e, se torna su asciutto vuol dire che sono pronti. 
Sfornateli e prima di servirli fateli raffreddare per qualche minuto.
A me sono venuti 14 muffin; ulteriore lato positivo della ricetta: potete congelarli e scongelarli all'occorrenza.

domenica 4 gennaio 2015

Scimmie di montagna

O almeno, è così che i danesi chiamano i loro vicini di casa - nonché ex sudditi.
Questa descrizione è dovuta al fatto che i norvegesi hanno delle montagne e su queste montagne crescono le foreste (e i danesi no)... E loro cosa fanno, soprattutto la domenica mattina quando tutti dovrebbero essere a casa a dormicchiare sul divano e smaltire la sbronza? Loro vanno in giro per foreste, zaino in spalla (e di solito nello zaino c'è un qualche infante) e con qualsiasi condizione meterologica!
Da sud-europea quale sono - o nordafricana, fate voi - trovo che la definizione migliore sia "caprette" e non "scimmie". Trovo veramente scioccante come riescano a mantenere l'equilibrio su qualsiasi tipo di roccia ricoperta più o meno di muschi, acqua, neve o ghiaccio e in qualsiasi pendenza appena compiono il secondo anno d'età.

Perché vi sto dicendo tutto questo? Perché spesso (e soprattutto all'inizio del trasferimento) ho ricevuto domande riguardo la Norvegia e i norvegesi; domande più o meno furbe, considerando che viviamo nel 2015 e molte risposte potrebbero essere soddisfatte semplicemente usando un qualsiasi motore di ricerca, ma tant'è.

Da siciliana totalmente disabituata alla vista della neve - ricordiamo alla gentile utenza che una volta, nel mantovano, ho provato a fare una palla di brina perché era la cosa più simile alla neve in quel momento - ammetto che, problemi di deambulazione a parte, sono sempre molto felice quando vedo nevicare.
Va bene, io non ho problemi collaterali a quello della mancanza di equilibrio perché non guido, però mi piace lo stesso; mi piace meno il giorno dopo quando è tutta schiacciata e prende forma di ghiaccio ma basta comprare degli spuntoni da attaccare alla scarpa oppure prenderla con filosofia e tentare di pattinare.
Domenica scorsa ha nevicato e mi sono detta "è proprio il caso di scattare una foto tentando di essere il più norvegese possibile, nei limiti della mia sicilianità", quindi eccomi qua nel mio tentativo di farvi da guida attraverso la Norvegia - attraverso il mio punto di vista.



Cupcake di carne
per le polpette:
- 400 grammi di macinato
- 1/2 cipolla
- 1 spicchio di aglio
- 2 uova
- 2 cucchiai di prezzemolo
- sale e pepe q.b.
per la salsa:
- 1 cucchiaio di senape
- 1 cucchiaino di peperoncino
per la glassa:
- 250 grammi di patate
- 100 ml di latte
- 100 grammi di burro
- noce moscata q.b
- sale q.b.

Preriscaldate il forno a 180° e preparate le polpette e il purè di patate.Tagliate le patate a tocchetti: questo vi consentirà di schiacciarle subito dopo averle cotte senza attendere che si raffreddino per poterle pelare - sempre se non abbiate voglia di perdere l'uso dei polpastrelli, delle impronte digitali e darvi così al crimine organizzato - e tagliarle a tocchetti. Copritele di acqua e salate l'acqua, così non dimenticherete di farlo in un momento successivo in preda all'euforia. Quando l'acqua inizia a bollire puntate il timer su 20 minuti (o quanto dice la confezione delle patate in vostro possesso)... Se avete voglia di fare i pigri, usate il purè in busta ma non venitevi a lamentare con me se il sapore non è buono come il buon purè di una volta.
Passiamo alle polpette: la ricetta è quella che uso di solito, modifica più, modifica meno; potete usare la vostra e vi assicuro che non mi offendo. Ad esempio stavolta non avevo della cipolla in casa, quindi ne ho fatto a meno e ho aggiunto del cumino, per esaltare un po' il gusto del macinato di bue. Mescolate tutti gli ingredienti in una ciotola e preparate sei polpette da adagiare in formine da muffin, pressando leggermente la polpetta sul fondo; lasciate riposare qualche minuto, non per qualche motivo particolare ma perché c'è da preparare la salsina con cui spennellare i muffin. 
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In una ciotola mescolate la senape e il peperoncino (la ricetta originale prevede salsa chili, zucchero di canna e senape; io però non avevo voglia del retrogusto dolce dello zucchero, quindi ho evitato) e spennellate i vostri muffin. 





Adesso è ora di infornare per circa 30 minuti e dedicarsi alla purea di patate. Se volete fare i raffinati vi consiglio di usare la ricetta delle patate duchessa (fondamentalmente è come il purè di patate ma si aggiungono un paio di tuorli per avere l'effetto decorazione sfiziosa dovuta alla crosticina) sennò, se avete poco tempo come la sottoscritta fate così: schiacciate le patate, aggiungete il latte e il burro, il pepe e la noce moscata. Prestate molta attenzione alla consistenza: se il purè dovesse risultare troppo sodo vi verrà difficile usare la tasca da pasticcere, se troppo liquido anche, perché vi ritroverete schizzi di purè dappertutto. 
Lasciate riposare il purè, ma solo perché la carne è ancora in forno. Tirate fuori le polpette dal forno e accendete il grill. Adesso è ora di glassare i muffin; usate qualsiasi bocchetta di vostro gusto - battute di cattivo gusto ben accette - e spremete sulle polpette dei ciuffi di purè dalla dimensione che più vi aggrada - battute di cattivo gusto nuovamente ben accette -, e infornate per qualche minuto finché il purè non vi sembra sufficientemente croccante. 
Ri-sfornate e servite.