martedì 22 ottobre 2013

Cose che odio: fare le liste e usare sarcasmo

Tempo fa sono venuta a conoscenza di un post su un blog. La tipa si confessava, ammettendo di essere totalmente dipendente da Twitter. Io ho deciso di fare lo stesso e, mentre riflettevo, mi sono resa conto che sono passata da dipendenza a dipendenza. Tutto nasce anni fa con icanhazcheesburger. Poi, non paga, non contenta, sono passata a tutte le sottopagine: cagnolini (presto abbandonata), storia, oggetti supercaruccini in grado di evocare messe arcobaleno a cura di minipony e orsetti del cuore, errori vari su facebbok, errori genitoriali - e via dicendo. Piano piano  ho abbandonato quelle pagine per approdare su 9gag. Ero sempre su 9 gag, guardavo almeno due volte al giorno 9gag. Adesso, se riesco, guardo prima di dormire e se non riesco non c'è più la vocina che mi dice "sei indietro, non sei aggiornata, domani ci saranno milioni di cose che non capirai del mondo". L'ultima mia ossessione è Buzzfeed. Lo uso da tempo ma ho notato - da notare la nonchalance con cui tratto la cosa, innocentemente - che negli ultimi giorni se non aro una decina di tab non sono contenta. Va bene, smetto di edulcorare: mi addormento col pc sulle gambe perché un maledettissimo feed ne offre almeno due che valga la pena di aprire, ad libitum. E io perdo la concezione del tempo - e ieri ho notato di aver perso anche l'uso del tasto p sulla tastiera. Funziona ma devo premerlo prestando molta attenzione, sennò mi rimangono le parole monche.
A proposito di Buzzfeed, oltre a innumerevoli "articoli" su perché questo o quell'attore possa essere il fidanzato perfetto o altrettanti innumerevoli pieni di idee DIY (perché dire faidate fa molto anni 80), spesso si trovano liste di vario genere; da come puoi utilizzare quel determinato ingrediente in quella determinata stagione in 26 modi differenti a lezioni di vita tratte da quel film o telefilm. Ovviamente ve ne propongo io una sulle cose peggiori che possono capitare mentre si legge:

1. versi il caffè sul libro
2. il vagone della metro si riempie di persone
3. devi andare al lavoro o a scuola
4. il tuo personaggio preferito muore
5. il tuo segnalibro cade
6. il nuovo libro del tuo autore preferito fa veramente schifo
7. devi andare in bagno (e non sei a casa quindi non puoi portare il libro con te)
8. i tagli da carta
9. scopri che manca una pagina al libro
10. qualcuno ti rivela il finale
11. non puoi più leggere in macchina a causa della nausea da lettura in movimento
12. dimentichi il libro da qualche parte
13. aspetti che i tuoi amici finiscano il libro così potete finalmente parlarne

Per me non sono tutte valide, ad esempio riesco a leggere in qualsiasi situazione o trovo quasi impossibile che il nuovo libro del mio autore preferito faccia schifo (questo perché leggo solo persone morte e sepolte nel 97% dei casi), il che va a braccetto con la numero 13, quasi nessuno dei miei amici ama leggere ciò che leggo io. Certo, i tagli da carta sono una brutta roba, piccoli ma fastidiosi e una volta il mio segnalibro non solo è caduto ma nel recuperarlo ho aperto il libro in una pagina a caso auto-rivelandomi un particolare che non avrei voluto sapere in anticipo. Ma ve lo dico io cosa c'è di peggio:

1. iniziare a leggere un libro e chiuderlo alle 4 del mattino (e alle 7 devi alzarti) o peggio ancora, dimenticare di dormire
2. mentre leggi ti perdi via con la fantasia e devi rileggere almeno 3-4 pagine indietro
3. il libro decide di suicidarsi e tu non ricordi il numero della pagina in cui ti trovavi
3bis. oppure si apre a caso e leggi un rigo che non volevi leggere, allora inizi a ripeterti che non è possibile e che hai sicuramente letto male
4. prestare il libro a qualcuno e quel qualcuno impiega mille anni per finirlo
4bis. prestare il libro a qualcuno e quel qualcuno ha sottolineato il tuo libro
4tris. mentre cerchi di cancellare si strappa la pagina (poiché le antologie di solito sono stampate su carta velina)
5. finire un libro che reputi bellissimo, soffrire di postumi da lettura e non sapere che volume iniziare
6. rendersi conto di non avere tempo per leggere, o per meglio dire, il tempo che hai è costellato da stanchezza e mal di testa, quindi nemmeno apri il libro

L'ultima affermazione purtroppo riassume la mia vita nell'ultimo mese, non solo non riesco a concentrarmi per leggere ma nemmeno per scrivere sul blog. Che gioia. Ma sorridete perché ho fatto gli gnocchi!

Gnocchi di patate
Ingredienti:
- 1 kg di patate
- 1 uovo
- 300 grammi di farina
- sale q.b.

Lavate le patate e mettetele a bollire in una pentola con dell'acqua salata e lasciatele bollire (di solito un 30-40 minuti sono sufficienti). Ancora calde, sbucciatele - e qui i vostri polpastrelli capiranno il vero significato dell'espressione patata bollente -, schiacciatele e mettetele su un piano di lavoro ben infarinato (data la mia scarsa altezza, direi che il tavolo va benissimo).

Aggiungete un pizzico di sale, la farina e impastate il tutto fino ad ottenere un composto compatto ma allo stesso tempo soffice. Aggiungete un uovo e continuate ad impastare fino ad ottenere un impasto senza grumi e compatto (a me è venuto piuttosto colloso, ma niente che non si possa risolvere usando un pizzico di farina; nota a margine: se volete evitare i  grumi di patata prestate molta attenzione quando le schiacciate. 




A questo punto tornate all'asilo a quando giocavate con la pasta colorata e dividete l'impasto in tanti filoni dello spessore di 2-3 centimetri; iniziate a tagliare i vostri gnocchi riponendoli su un vassoio infarinato. Adesso dovreste prendere ogni gnocco e farlo scivolare su una forchetta in maniera tale da conferirvi la classica rigatura. La vera domanda è: avete tempo e voglia di recuperare ogni singolo gnocco creato con un chilo di patate? Oppure creerete posti di lavoro assumendo un addetto alla rigatura dello gnocco? Io non avevo questo tempo, non avevo tempo nemmeno per visionare curricula e assumere qualcuno, quindi ho saltato il passaggio.
La leggenda della patata bollente narra che bisogna lasciar riposare gli gnocchi per 15 minuti e dopodiché procedere alla cottura in una pentola abbastanza grande da farli nuotare tutti come Romy Schneider alle prese con Alain Delon, in l'acqua salata e scolarli quando saliranno a galla. Io preparavo tutto da sola, quindi avevo la catena di montaggio: creo il salsicciotto, taglio a pezzettini, poggio sul piano infarinato, butto in acqua, mentre si cuociono creo il nuovo salsicciotto e così ad libitum.
I miei sono stati conditi con un mix di verdure precedentemente saltate in padella, besciamella e formaggio, infornati per 10 minuti e serviti per la gioia dei norvegesi che hanno dichiarato "anche noi abbiamo delle cose simili ma sono molto più grosse, questa dimensione è proprio una sciccheria".


giovedì 26 settembre 2013

Mimesis: il realismo nella cultura occidentale

Lo scorso weekend ho rivisto Inception (Christopher Nolan, avete presente? Quello di Memento - a proposito di Memento, ho commesso il fatale errore di vederlo sonnecchiante su un divano e ho capito un quarto di quel che è possibile carpire dalla sceneggiatura). Era la seconda volta in generale che lo vedevo e la prima dopo averlo visto al cinema, nel lontano 2010, quindi molti dei colpi di scena hanno funzionato come la prima volta. Non starò qui a fare la recensione del film, non ne ho assolutamente le competenze. Quindi tranquilli, nessuno spoiler e nessun blooper, nessun commentino pieno di bava riguardo la combo fatale tra Leonardo DiCaprio, Joseph Gordon-Levitt, Tom Hardy e Cillian Murphy, niente di tutto questo. Dirò solo che la trama non è di facile memorizzazione (un po' come Pulp Fiction, bisogna vederlo più volte prima di collegare i vari pezzi) e condividerò con voi la teoria da me sviluppata dentro l'auto una sera qualsiasi. Stavo guidando e avevo messo nel lettore della macchina Disintegration, uno dei miei album preferiti (sia dei Cure che in assoluto nel mondo musicale da me conosciuto), quando improvvisamente mi trovo a prestare attenzione alle parole di Pictures of You.
I've been looking so long at these pictures of you
That I almost believe that they're real
I've been living so long with my pictures of you
That I almost believe that the pictures are
All I can feel
Cavoli, ma questa è esattamente la visione che il personaggio interpretato da Leonardo DiCaprio ha della sua vita da qualche anno a questa parte. Se fossi stata dentro a un film mi sarei attaccata al freno tirando una frenata colossale, ma frenare di botto a Catania (e in generale) non è una mossa da volpe.
Insomma, intanto arrivo sotto casa dei miei amici e infervorata come un Dottor Frankenstein (che si legge franchenstin) che riesce a riportare in vita la creatura, immediatamente condivido questa teoria con loro - sia perché conoscono la canzone in questione senza dover leggere il testo e sia perché avevano visto il film - mi hanno dato della pazza visionaria (cioè, non solo per questo motivo, di solito le ragioni sono molteplici). Passano gli anni però io continuo a sostenere che sia esattamente la costruzione del personaggio Cobb. Sento ancora le loro voci risuonare "ma dai, ma che dici?".
Precisazione doverosa sul titolo: è preso da un saggio di Auerbach, intitolato per l'appunto Mimesis: il realismo nella letteratura occidentale. Questo saggio è il fondamento dell'approccio alla letteratura comparata. Lo so che non si parla di letteratura ma una comparazione tra un testo e un film si meritava qualcosa del genere.

Inception Cake
Ingredienti:
- 1 vasetto di yogurt
- 3 uova
- 2 vasetti di zucchero
- 3 vasetti di farina
- 1 vasetto di olio di semi
- 1 bustina di lievito
- 1 cucchiaino di cardamomo in polvere
- 300 grammi di carote
per il frosting:
- 200 grammi di philadelphia
- 50 grammi di burro
- 50 grammi di zucchero a velo
per il ripieno:
- 200 grammi di philadelphia
- 100 grammi di cioccolato fondente
decorazione:
- 100 grammi di cioccolato fondente

Perché torta Inception? Perché è una torta in una torta in una torta.
Tutto nasce da un vasetto di yogurt alla banana che - giustamente - nessuno voleva mangiare.
Torta numero 1: ciambella dei sette vasetti. In una ciotola rompete le uova e versate il vasetto di yogurt (se non avete il vasetto pesate 125 grammi). Tenete il vasetto da parte poiché servirà per misurare gli altri ingredienti. Mescolate uova e yogurt, aggiungete lo zucchero e la farina, infine il lievito. 

Torta numero 2: carrot cake. Mentre ero lì lì per prendere la tortiera, imburrarla e infarinarla mentre preriscaldavo in forno, mi sono ricordata che a casa avevamo parlato della carrot cake. No, non è propriamente una camilla della mulino bianco. Insomma, ho pesato le carote, le ho grattugiate e le ho aggiunte all'impasto. Non paga, non contenta, ho deciso di aromatizzare l'impasto con del cardamomo (avrei potuto usare lo zenzero ma il giorno prima avevo mangiato dei biscottini al cardamomo e mi sono ripromessa di usarlo il prima possibile). Il cardamomo del resto è un po' come Domodossola, nessuno sa dove sia Domodossola. Il cardamomo lo senti solo nominare finché non lo assaggi; di che sa? Bella domanda... un po' di zenzero, ma non è zenzero (no shit, Sherlock). Preriscaldate il forno a 180°, infornate per 40 minuti - o tirate fuori la torta quando, infilando uno stecchino, quest'ultimo esce asciutto.
Ho lasciato la torta da parte a raffreddare e prima di poter iniziare a preparare il frosting, qualcuno mi ha donato un suggerimento. E se usassi molto cioccolato? Oh insomma, chi sono io per dire di no? Al cioccolato poi...

Torta numero 3: Inception
Quando la torta sarà fredda, o almeno tiepida, tiratela fuori dallo stampo e tagliatela a metà - per la cronaca, questo aggeggio per tagliare le torte è una delle scoperte più belle del 2013: mai più coltellacci, mai più tagli asimmetrici, mai più mani impiastricciate.
A questo punto ho sciolto il cioccolato con un goccino di acqua e l'ho mescolato al philadelphia. Non ho usato burro, olio o latte perché non era parte di una glassa. Spalmate con cura la crema ricordandovi di lasciare 5 millimetri di bordo, onde evitare che la crema strabordi, mescolandosi con il frosting, macchiando il frosting, rovinando la vostra vita.
Grattugiate il cioccolato ma usate il mixer, io ho già fatto una volta la pazzia di grattugiare a mano e l'esperienza mi è bastata: piccole scagliettine di cioccolato dappertutto. Col mixer si riesce un minimo a contenerle in un unico spazio. Mescolate il philadelphia con lo zucchero a velo (se vanigliato è ancora meglio, ma non è necessario) e spalmate dappertutto, infine ricoprite con le scagliette. Attenzione perché vi ritroverete scagliette sulle mani, scagliette che si depositeranno strato dopo strato, donandovi un aspetto da mostro della palude (però poi ho leccato le dita, quindi è tutto ok).
Adesso la torta è finita, andate in pace. Infilatela almeno 30 minuti in frigo o mangiatela il giorno dopo - qui è stata mangiata due secondi dopo aver finito di spargere scagliette, quindi se non riuscite a resistere vi perdono.







giovedì 19 settembre 2013

False friends will be false friends

Sarà capitato anche a voi, di avere un falso amico in famiglia, recitava la canzone...
Benvenuti a una nuova puntata di "chi vuol essere disgrafico e subire interferenze linguistiche con attacchi incrociati, carpiati e triplo axel finale", oppure, come scrivere un post partendo da una parola.
Vi avevo già parlato di alcuni fenomeni che mi sono successi durante questi mesi norvegesi, eppure rieccomi qua a parlarne, non soddisfatta, non paga.
Falsi amici, cari amici miei. Cosa sono i falsi amici? La risposta è dentro di voi, e però è sbagliata.
I falsi amici sono una delle cose più divertenti dell'universo linguistico. Prendi una parola, trattala male... no, prendi una parola e, cercando appiglio alle lingue che conosci, crei dei succosissimi qui pro quo.
Sei in Norvegia e senti qualcuno dire "panna", ti chiedi perché.

NO panna > IT fronte
NO fløte > IT panna

Questo è un esempio raro, per quel che ho potuto osservare fino ad ora; come già affermato, il norvegese si trova a metà tra inglese e tedesco, quindi i false friend sono all'ordine del giorno.
O parole scritte alla stessa maniera ma con significato completamente differente, oppure pronunciate in maniera simile, oppure con un leggero cambio di significato (scusate se utilizzo parole di uso comune per esprimermi).

NO bra > bravo
EN bra > reggiseno

NO gift > sposato/veleno
EN gift > dono
DE gift > veleno
(c'è un fenomeno simile anche in svedese, immaginate quante battute agli uomini sposati)

NO fart > velocità
EN fart > puzzetta

NO grei > diretto/chiaro
EN grey > grigio (in norvegese si dice grå e si legge gro)

Accadono anche cose divertenti come l'inglese che adotta una parola norvegese (molti ma molti ma molti anni fa) e la trasforma in un sinonimo di registro basso, un po' come abbiamo fatto noi italiani adottando parole tedesche.

NO rumpe > sedere, parola usata soprattutto dai bambini
EN rump > fesa, groppa, didietro, sempre per descrivere animali

Oppure l'uso dei modali

NO vil > volere
EN will > usato per comporre il futuro

NO skal > usato per comporre il futuro
EN shall > forma molto molto gentile per chiedere le cose e, a volte, sostituto di will
(quest'ultimo esempio è un false friend solo con un po' di fantasia, uno si legge scall e l'altro sciall)

Poi magari capita di leggere 
NO > som regel
e credi che sia una roba tipo "alcune regole" a metà tra inglese (some) e tedesco (regeln), invece vuol dire "di solito"

o anche
NO men > ma > EN men > uomini
EN but > ma 

oppure

NO > fire > quattro > EN fire > fuoco
EN > four > quattro

ma finora, la migliore mescolanza è avvenuta tra "buono" e "dio"

EN good > DE gut > NO god
EN god > DE gott > NO gud

Per oggi è tutto, credo di avervi tediati sufficientemente nonostante abbia tentato di evitare paroloni ed eccessive spiegazioni/definizioni, quelle non piacciono a nessuno.

Pasta brisèe
Ingredienti:
- 200 grammi di farina
- 100 grammi di burro
- 70 millilitri di acqua fredda

Le leggende narrano delle due cugine pasta sfoglia e pasta brisèe, entrambe molto utili e buone. Ma la prima è nata con un'anima terribile, l'altra è, invero, buona e gentile. Se vuoi preparare una torta salata, dice sempre la teglia magica, la pasta sfoglia è molto buona ma la pasta briseé è la migliore.
Prendete un frullatore e versate nel bicchiere la farina e il burro a pezzi, freddo da frigo. Frullate il tutto con un pizzico di sale fino ad ottenere della sabbia burrosissima. Ah, non avete il mixer oppure, come me, vi rendete conto di non capire perché il mixer non si azioni? Non c'è problema, basta usare una frusta elettrica.
A questo punto dovreste usare un ripiano di metallo, vetro o marmo e versare l'acqua - molto molto fredda e poco alla volta - nella farina disposta nella forma a fontana, io non ce l'avevo - non la fontana, il ripiano - e ho usato una megaciotola in metallo (questo solo per mantenere la temperatura molto bassa). Impastate fino ad ottenere una palletta compatta, soda ed elastica. Propongo ti tirare una sculacciata alla palletta e se fa rumore di chiappa allora va bene. A questo punto avvolgetela nella pellicola da cucina e lasciatela in frigo per almeno 40 minuti - piccola nota: la mia palletta non è del colore solito della pasta brisèe che compriamo al supermercato perché ho usato farina integrale.
Passati i 40 minuti la pasta sarà pronta per essere utilizzata; io ho preparato una torta salata. In realtà non avevo idea di cosa preparare per cena e ho iniziato saltando delle verdure in padella, dopodiché mi sono detta "e che ci faccio?"; l'occasione fa la donna impastatrice con gomito da tennista e ho reputato fosse la volta buona per provare la briseé (anche perché al supermercato non ne ho vista).
Le verdure sceglietele a vostro piacimento, io ho solo svuotato il frigo, per quello ho successivamente aggiunto due uova e della creme fraiche che stava per scadere.
Ho steso la pasta - 5 millimetri massimo, sennò non cuoce più -, versato tutto le verdure (attenzione a non lasciare troppo sughetto di cottura) e sopra di esse ho versato il composto di uova e creme fraiche (ah mi raccomando, non dimenticate di usare del sale). Infine, io ho anche aggiunto uno strato di formaggio, così, perché ne ho trovato un pezzo in frigo. Infornate a 180° per circa 50 minuti e servite.

domenica 8 settembre 2013

Norwegian Horror Story

Rubo senza ritegno il titolo alla serie American Horror Story, la quale è una delle mie serie televisive preferite - anche se la definizione "televisivo" è parecchio errata in quanto non faccio uso di televisione da almeno 3 anni - e di horror ha solo il titolo. Se non l'avete vista peggio per voi, sono due serie e la prima mi è piaciuta più della seconda anche se obiettivamente la seconda ha una sceneggiatura scritta meglio - a proposito, ecco uno dei teaser della terza stagione. Horror, dicevo. Perché horror? Perché ogni tanto non vi capitano quelle giornate che vi sembrano piene di particolari troppo loschi? No? Beh a me ne è capitata una proprio durante la settimana appena trascorsa.
Giovedì mattina, mi alzo - ah che bello, è tutto grigio -, preparo la colazione, accendo la radio e mi siedo. La ricezione è disturbata, inizio a pensare di essere stata vittima di un incidente come Jack Black in Be kind, rewind. Sono piena di onde elettromagnetiche - ma no dai, qualcuno avrà mica toccato la rondellina? Giro, rigiro, tocco l'antenna... niente, mi rassegno, forse nella notte un fulmine mi ha colpita sul serio... Peccato però, una stazione radio che funziona meglio di Virgin Radio... è ora di portare la bambina a scuola (no, non è mia), in macchina niente radio. Vado di fretta, vedo una tipa col passeggino, a un incrocio un anziano signore con le mani dietro la schiena mi lancia un'occhiataccia perché sto andando troppo veloce per i suoi gusti. Ecco, da grande voglio diventare come lui e redarguire tutti quelli che vanno oltre i 50 km all'ora. Lascio la bambina a scuola e torno indietro. Il vecchio non si è spostato di un millimetro, sarà mica un bug di Matrix? Mi redarguisce nuovamente, però per la velocità di prima. Di nuovo la tipa col passeggino - sì, dai, sono decisamente dentro Matrix... sono ben lontana dal conturbante descritto in letteratura... la stazione radio continua a non funzionare e non posso nemmeno prendermela con Radio Maria. Preparo la cena, accendo la radio ed è sempre disturbata, per un po' reggo la sensazione delle mezze canzoni ma  poi continuo in silenzio. La cena è pronta, mi siedo a mangiare e ricevo una telefonata "stai più attenta del solito, ho ricevuto un sms scritto in pessimo norvegese da parte di qualcuno che vuole comprare la chitarra e che vorrebbe passare a vederla, ho detto di passare dopo le otto ma tu stai all'erta, soprattutto se senti i cani abbaiare. Se qualcuno entra nel giardino devi agire". Grandioso, sì, ora sì che sono tranquilla - sola in una casa in mezzo alla campagna e con una bambina di tre anni - una delle cagne è in calore quindi potrebbe latrare per qualsiasi cosa, ora sì che sono nel panico. E se arriva veramente qualcuno? Oddio c'è qualcuno nel giardino! Ah no, è il vicino nel suo di giardino. Calma. Accendo la radio così mi rilasso, no, l'angoscia delle mezze canzoni. Finisco la cena alzandomi a intervalli regolari di un boccone: in pratica, forchettata, mi alzo, mastico davanti la finestra, mi risiedo giusto il tempo della forchettata. Intanto tengo nervosamente il cellulare in mano ripetendomi come un mantra il numero della polizia... però tutta la situazione non è corretta poiché in questi casi servono una linea telefonica da tagliare per lasciare la casa nell'isolamento più totale e un telefono cordless di quelli belli grossi e bianchi. No, non bianchi, panna. Senza quelli non si può nemmeno correre in giardino per sfuggire dalle grinfie del'assassino. Si fanno le cinque, torna la madre e io devo scappare al corso di norvegese. Ci sono 15 gradi, ed è tutto grigio. Guido nuovamente in silenzio, mi guardo attorno e penso "manca solo una bella nevicata, ci starebbe bene un po' di luccicanza".

Per la cronaca, come da spiegazione di horror c'è solo il titolo e poi non è successo assolutamente nulla. L'unica cosa strana è che durante la pausa al corso, un tipo s'è avvicinato e appena ha saputo che ero italiana mi ha chiesto se ricordassi George Weah (un giorno capirò perché il mio cervello ricorda come scrivere il nome di questo calciatore) perché lui veniva dal suo stesso Paese. Grandioso, di nuovo... perché tu, sconosciuto, ti avvicini per parlare? Perché proprio io? Eh?

The Mexican Cherry Stew Massacre
Ingredienti:
- 500 grammi di pasta
- 3 decilitri di panna
- 2 confezioni di fagioli
- 1 confezione di pomodorini
- 2 cucchiaini di concentrato di pomodoro
- 1 cipolla
- formaggio q.b.
- 1 dado

Premessa: a una delle bambine piace mangiare messicano - o almeno, quello che qua credono sia messicano, perché le tortilla le chiamano taco e soprattutto in questi taco (no, non tacos, solo taco) ci mettono anche l'ananas e nel ripieno al posto del macinato usano la zucchina - per cui mi chiede "stasera prepariamo i taco?". Non ho voglia di andare a fare la spesa allora decido di preparare qualcosa che avesse una parvenza di messicano con quel che c'è in dispensa; tanto, peggio dell'ananas nella tortilla non può andare. 
Aggiungiamo horror su horror con la ricetta di oggi, nata totalmente per caso con ingredienti alla rinfusa, aggiunte dell'ultimo momento. Eppure, eppure tanto male non è riuscita.
Tagliate la cipolla e mettetela a friggere, intanto scolate le due confezioni di fagioli - nota bene, io ho usato quelli bianchi che di solito vanno nelle insalate - e versatele sulla cipolla. Aprite la lattina di pomodorini e versatela sui fagioli, schiacciate i pomodorini, aggiungete due cucchiaini di concentrato e infine un dado. Intanto preparate la pasta: 500 grammi di pasta corta e passa la paura.
Mentre la pasta cuoce mi ricordo di avere un mix di spezie adatto per la carne - mi dico tra me e me "non c'è carne in questo piatto ma possiamo dare almeno l'odore delle stesse spezie" - e decido di usarlo. Intanto mi rendo conto che la salsa non potrà mai essere sufficiente per condire tutta la pasta. Che faccio? Aggiungo una confezione di salsa?
No così diventa semplice pasta e fagioli. Nei taco mettono la panna acida, però la panna acida nella salsa? Non mi convince, facciamo che uso la panna normale. Scolo la pasta e penso "e ora dove unisco tutto?", non ho molta voglia di trovare soluzioni allora agguanto una teglia e mescolo tutto lì, ricopro di formaggio e inforno giusto il tempo di farlo sciogliere. 
Descritta così effettivamente sembra un pastone all'americana e probabilmente lo è, però averebbe potuto essere peggio. Quello che mi fa perdere le staffe è che quando preparo del cibo con cura almeno una delle bambine farà i capricci, invece con questo pastrocchio hanno mangiato tutte. Una di loro non solo ne ha mangiato due piatti di fila ma ha finito gli avanzi il giorno dopo appena tornata da scuola. Misteri della Norvegia.





mercoledì 28 agosto 2013

Avant(z)i il prossimo

a meno che il giorno dopo ti rendi conto che in libreria
ha solo i vari Harry Potter e Narnia, allora magari è
troppo tardi ma sei sempre in tempo per scappare
Settimana scorsa ho promesso di dare la mia umile opinione riguardo la lista dei 50 libri da non leggere prima di morire. Opinione che potrei tenere benissimo per me stessa, lo so, anche perché ovviamente non li ho letti tutti e non posso parlarne obiettivamente (e per fortuna, direte voi, sennò dovrei scrivere un'enciclopedia di commenti). Qui trovate la lista con relativa spiegazione del perché no, io non posso commentarli tutti quindi li troverete sì in ordine numerico ma non sequenziale. In mezzo ai 50 libri ce ne sono alcuni che io amo profondamente quindi sarà veramente complicato per me mantenere la calma (ma attenzione, dal mio punto di vista l'articolo è puramente sarcastico).

2. 1984 di Georges Orwell [motivazione: il miglior romanzo distopico del 20mo secolo indirettamente responsabile dei reality show - mia opinione: ha perfettamente ragione, nonostante sia uno dei miei libri preferiti, letto e riletto negli ultimi 10/11 anni, uno di quelli che mi ha donato angoscia e senso di soffocamento, devo dire che, prendendolo da questo punto di vista passa la voglia di aprirlo. Però almeno una volta l'anno è d'uopo leggere La fattoria degli animali]
3. Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen [motivazione: direttamente responsabile per l'inenarrabile massa di articoli che iniziano con "
È verità universalmente riconosciuta che..." - mia opinione: sì, la banalità e le citazioni sempre le stesse e sempre quelle non ci piacciono. Avremmo potuto puntare sull'effetto "bridget jones ante litteram" ma questo mi sembra un punto molto più forte]
10. Via col vento di Margaret Mitchell [motivazione: meglio del musical ma peggiore del film, il quale si concentra totalmente sulla battuta "Francamente me ne infischio" - mia opinione: io non l'ho letto, quindi non posso dirvi se quella battuta ci sia nel libro, ma ne approfitto per comunicarvi che Sherlock Holmes non ha mai detto "Elementare, Watson"]
11. Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez [motivazione: è un po' come cercare di capire com'è l'albero genealogico, partendo sette generazioni fa, del tuo studente in scambio - mia opinione: per l'amor di dio non aprite quel libro. Mai. L'ho dovuto leggere e avrei dovuto davvero disegnare l'albero genealogico. Noioso romanzo che va avanti per 400 pagine dando nessun indizio sul titolo, salvo poi spiegare tutto nell'ultima pagina]

15. I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang von Goethe [motivazione: toccante storia un professionista dell'autocommiserazione in amore; Werther è così miserevolmente delirante che alla fine si spara... e il lettore è tentato a fare lo stesso - mia opinione: anche qui, come per 1984, è uno dei miei libri preferiti. Però sì, effettivamente il tipo è giusto un attimo pesante]
19. L’alchimista di Paulo Coelho [motivazione: 
inutile libro di auto-aiuto mascherato da letteratura. Incredibilmente banale, ha venduto più di 65 milioni di copie in 56 lingue - mia opinione: l'ho letto a 16 anni dopo aver letto Siddharta di Hesse e già ai tempi mi puzzò di brutta copia. Non posso che trovarmi d'accordo e peste vi colga se mai oserete leggere un qualsiasi volume di questo individuo]
21. Mangia prega ama di Elizabeth Gilbert [motivazione: mangia, prega, ama,  
piagnucola, viaggia, scrivi e controlla il conto in banca - mia opinione: non l'ho letto, non ho visto il film e quindi dovrei solo chiudere il becco. Di solito quando c'è troppo battage pubblicitario io non mi fido e me ne tengo alla larga; nel 98% dei casi funziona (un esempio fra tutti: quella figa di legno di Amelie]
32. Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere di John Gray [motivazione: no, non vengono da là e lo scrittore è texano, il che ci dice tutto quello che c'è da sapere - mia opinione: ovviamente non l'ho aperto e mai mi ha sfiorata l'idea di farlo. Non mi piacciono i libri di auto-aiuto, figuriamoci quelli così banali]

45. Il codice da Vinci di Dan Brown 
[motivazione: utile solo come una scorciatoia per sapere chi evitare di metropolitana - mia opinione: non ricordo esattamente tutto quindi non capisco la motivazione. Ho visto il film al cinema solo perché costava due euro ed era pieno di stupidaggini come il venerdì 13. Eccessiva pubblicità che attira le fasce basse di pubblico, indi poscia per cui da evitare come la peste bubbonica]
46. Twilight di Stephenie Meyer [motivazione: come sopra, soprattutto se ci sono adulti che non dovrebbero assolutamente subire questo fascino del vampirello - mia opinione: non ho letto il libro, non ho visto il film. Ci sono altri vampiri da leggere e vedere. Piccola nota a margine: è così di scarsa qualità che una demente mia ex collega universitaria si è fatta ridere in faccia dalla sottoscritta perché voleva farci su la tesi in lingua inglese nonostante non avesse aperto i libri. Io pensavo volesse paragonare le differenze tra i dialoghi del libro e del film, invece no. Vi prego, plebei, allontanatevi dalla mia vista]
50. Lolita di Vladimir Nabokov [motivazione: intraducibile "s
couting" per ragazze (intraducibile per via delle sfumature di significato, prendete per buono un "esplorazione/rimorchiare") - mia opinione: non l'ho mai letto, sono totalmente ignorante sulla letteratura russa; ma non ho mai finito di vedere il film, trasmesso sempre in estate e a notte fonda]

Pappone norvegese
Ingredienti:
- 300 grammi di pasta corta
- 500 grammi di spinaci
- 4 funghi grossi
- 1 cipolla
- 1/2 litro di besciamella
- avanzi di merluzzo

In Norvegia c'è molto merluzzo - c'è anche molto salmone ma il merluzzo e lo stoccafisso te li trovi che bussano alla finestra e ti chiedono un po' di zucchero - e questa ricetta è così tradizionale che persino la findus propone la sua versione surgelata aggiungendo l'immancabile "hjemmelaget" (fatto in casa) per fregare l'acquirente - un po' come le lasagne surgelate per noi, tanto per essere chiari. Quando rimane del merluzzo che cosa fai? Io farei delle polpette, qua invece preparano queste enormi pentole di pasta (maccheroncini), merluzzo, besciamella e le prime verdure che trovano nel frigo. Descritta così effettivamente potrebbe fare piuttosto senso, però vi assicuro che non è male.
L'altro giorno mi sono ritrovata degli avanzi e ho deciso di creare un'evoluzione della suddetta (la quale non ha un nome, non chiedetemi perché). Ovviamente, data la casualità dell'esecuzione da un lato e il dubbio sulla riuscita dall'altro, vi beccate solo la foto finale; però il procedimento è facile, quindi è tutto a posto. Innanzitutto soffriggete la cipolla, aggiungete i funghi e aggiustate di sale e pepe. A metà cottura aggiungete anche gli spinaci (freschi o surgelati) e riaggiustate di sale e pepe. Coprite con un coperchio e lasciate tutto a fiamma medio-bassa. Mentre le verdure finiscono di cuocersi mettete su l'acqua per la pasta e preparate la besciamella; per mezzo litro bastano 50 grammi di burro, altrettanti di farina e 500 grammi di latte (ovviamente non dimenticate il sale e la noce moscata). Quando avrete tutto pronto tirate fuori una teglia, accendete il forno a 150° e iniziate a stratificare nella teglia: un po' di besciamella, quindi aggiungete un po' di pasta, il merluzzo fatto a pezzettini e di verdure; continuate e mescolate spesso, così da avere una densità di condimento approssimativamente distribuita. Probabilmente vi sembrerà di aver preparato troppa besciamella ma è tutto calcolato, deve essere così; alla fine, prima di infornare, abbondate con il formaggio.
Dato che gli ingredienti sono già tutti cotti, basterà attendere anche solo 10 minuti per poter sfornare e servire.


giovedì 22 agosto 2013

Acqua, consigli e sale...

...se non espressamente richiesti, non offrirne.

Questo, signori miei, è un detto siciliano. Lo si trova, invero, sotto forma di consiglio ma non è un consiglio (altrimenti sarebbe una bella contraddizione in termini). Più che un consiglio è un "te l'avevo detto", ma un blando "te l'avevo detto"; blando perché di solito viene dato a posteriori dopo aver narrato una vicenda, non perché chiedi consiglio e poi fai il contrario mettendoti nella posizione di permettermi di dirti "te l'avevo detto". Mettiamola così, è un "te l'avevo detto" adatto per le verità universali, uno di quelli che, una volta imparato, ripeterai a te stesso ogni volta ti verrà voglia di donare un'opinione così, aggratis. 
Una cosa però non capisco: perché l'acqua no. Voglio dire, se stiamo pranzando insieme e tu riempi di acqua il mio bicchiere - dato che hai la brocca in mano - io non vengo certo a pensare "guarda 'sto stronzo che si preoccupa della mia idratazione e non vuole che mi colga un attacco di cistite". Misteri, io chiamo quelli di Voyager, sono sicura che i templari avevano trovato la risposta al mio perché.
L'altro giorno mi sono imbattuta tramite una pagina di un altro blog in una lista. I 50 libri da non leggere prima di morire. Si sa, io ho tutte le mie idiosincrasie e le mie fisime quando si parla di libri ed è difficile che prenda consiglio (altro discorso invece per film e telefilm, spesso dico di no perché non so cosa aspettarmi, in quel caso è l'ignoranza che mi guida). Ho letto la lista e ho deciso che ve ne parlerò nel prossimo post perché sennò mettiamo troppa carne al fuoco.

I consigli, dicevo. Se si chiede consiglio è perché si è confusi o non si è sicuri di qualcosa, giusto?
No. Ultimamente ho notato che la richiesta di consiglio viene usata come maschera per farsi confortare e non per risolvere effettivamente un problema.
Causa ed effetto, se si inoltra una richiesta - in questo caso d'aiuto - questo atto porta con sé la risposta. Tale risposta magari non soddisferà i parametri del problema ma avrà pur sempre un valore. Se non c'è voglia di perdere del prezioso tempo a soppesare la risposta allora o non si pone nessuna domanda oppure si ammette, candidamente, che ci si aspettava solo una pacca sulla spalla, un "va tutto bene", in quel limbo dove si aspetta con inerzia che le cose vadano seguendo il loro corso - sperando sempre che non peggiorino. Vieni qua, sfogati pure, dimmi che cosa ti rende perplesso, preoccupato, dubbioso; io dividerò con empatia la tua perplessità. Ma se mi chiedi un consiglio quando ti aspetti che ti dica quello che vuoi sentirti dire, quando quello che vuoi sentirti dire è:

a. fuori dai parametri del mondo reale
b. qualcosa che non penso

allora no. Proprio no.
Ma non mi lamento; mi piace essere nella posizione e in diritto di poter dire "te l'avevo detto".
L'orrore del reale | è nulla contro l'idea dell'orrore. [...] funzione e immaginazione si mescolano; | e nulla è, se non ciò che non è.
(Macbeth: atto I, scena III)
Pancakonomiyaki
Ingredienti:
- 250 grammi di verdure
- 1 cipolla
- 3 uova
- 6 cucchiai di farina
- formaggio q.b.

Metti che ti rimane una mezza busta di verdure surgelate, busta contenente cavolfiore e carote, e metti che sei stata colta improvvisamente da una botta assoluta di non-fantasia (la non-fantasia è come il non-compleanno, solo meno divertente). Che fai? Intanto inizi a cucinare, poi si vedrà. Tagliate la cipolla e mettetela a soffriggere, a metà cottura aggiungete le verdure - nel mio caso le surgelate più un altro paio di carote, l'importante è arrivare a 250 grammi. Le verdure sono pronte, devo preparare la cena e ho finito l'ispirazione... 
Gli anni dell'università hanno insegnato una cosa: la frittata e il cous cous risolvono ogni problema; però non ho voglia di rigirare enormi frittate e allora decido di preparare qualcosa che somiglia a una frittata ma è più piccolo e maneggevole: un pancake. Schiaccio le verdure, aggiungo le uova, la farina, aggiusto di sale e trovo anche del formaggio in frigo; salviamo l'entropia dell'universo mantenendo il frigo in ordine, aggiungo anche il formaggio. 

Non posso essere in cucina con voi mentre preparate, quindi regolatevi voi con la consistenza dell'impasto: se è troppo liquido aggiungete altra farina, se è troppo solido un goccino di latte. Insomma, una consistenza da pancake/crêpe.
Prendete una padella antiaderente e fate sciogliere un po' di burro - oppure, se avete un pennello da cucina usate quello; versate un mestolo di impasto e aspettate. Il primo pancake verrà bruttino, come tutti i primi pancake, ma non demordete... e ricordate, se pentola guardata non bolle, figuriamoci la padella.
Mentre attendevo per l'appunto la cottura del primo pancake ho ricevuto un'illuminazione osservando un pezzo di carota.

Quale altro piatto si prepara con quello che c'è in frigo e ha un aspetto di frittata?
Ma certo, gli okonomiyaki! Per semplificare il concetto, ricordate le polpette di Marrabbio? Quelli là. Ai tempi dovevamo necessariamente italianizzare tutto, quindi okonomiyaki non andava bene (invece una polpetta di quelle dimensioni...).
Io ho accompagnato il pancake con delle patate al forno e un po' di insalata, pietanze banali per meritare una foto. Ah, magari ve lo state chiedendo e io ve lo dico: con questa dose vengono 8 pancake.

sabato 10 agosto 2013

Espiazione

Avete presente Keira Knightley? Quella graziosissima attrice che, se nel film non ha una parte dove può fare la pazza, strapparsi i capelli e urlare, non accetta il copione. Tanto per fare qualche esempio: in Anna Karenina (2012) rovina un matrimonio e impazzisce per il Conte Aleksej Vronskij (che poi, vorrei ben dire, chi non impazzirebbe per Aaron Johnson? Una volta tanto Jude Law non è il belloccio della situazione). In A Dangerous Method (2011) ci sono Aragorn e l'androide David che giocano a fare gli psicanalisti. L'androide, che in questo caso interpreta Gustav Jung, deve curare una certa Sabina, la quale è schizofrenica e particolarmente aggressiva. Indovinate chi è Sabina? E ancora, in Never Let Me Go (2010), c'è questo simpatico trio formato dalla nostra K.K. più il giovane Spiderman e Sissy Sullivan (la sorella dell'androide David che in Shame ha un comportamento sessuale compulsivo) e in questo trio chi è quella che dà di matto? Del resto, la comprendo, è l'unica Ginevra che non riesce a tradire Re Artù perché Lancillotto muore prima che si possa consumare l'atto (King Arthur, 2004). Infine, tornando al titolo, in Espiazione (2007), dà di matto perché la sorella minore non capisce bene che cosa stesse facendo col figlio della governante (però alla fin fine l'espiazione tocca alla sorella minore). Conclusione: tutto questo bordello, ogni volta, per fare del sesso.
Avete appena letto un'enorme filippica che sembra l'analisi della filmografia parziale della Knightley solo perché avevo deciso di delucidare un punto dello scorso post (prendete un libro che avete comprato anni fa ma che non avete mai letto) e poi in realtà, colpita dalla carissima sindrome ossessivo compulsiva, ho trovato il bandolo della matassa. Sono stata distratta letteralmente da un gomitolo di lana: ho iniziato a sferruzzare, non ho idea di come si faccia e oggi avevo visto troppi difetti nella mia creazione - la quale avrebbe dovuto assumere il ruolo di vestitino per Kindle. Parlo al passato perché ho pensato bene di sciogliere il lavoro fatto fino ad ora ma ho imparato diverse lezioni: innanzitutto che non è facile come te lo mostrano nei cartoni, soprattutto se sei alle prime armi e ogni tanto hai creato un punto che in realtà era un nodo da marinaio, di quelli belli resistenti.
Mentre ero lì che scioglievo nodi, tiravo fili, arrotolavo gomitoli, non paga della mia sofferenza ho iniziato a canticchiarmi A Pain That I'm Used To dei Depeche Mode; fare questi lavori ripetitivi (tira il filo, avvolgi il filo, tira il filo, avvolgi il filo) ti porta a riflettere e ho realizzato che sto espiando la mia mancata presenza al Brutal Assault vedendo le foto di chi c'è, stamattina ho espiato la mia mancata presenza al Not.fest, dove sarà possibile vedere Tricky e 2manydjs, ascoltando per l'appunto la discografia di questi ultimi (al secolo ancora Soulwax) mentre facevo la ceretta - a parte il gioco di parole ceretta > cera > wax, chi è così stolto da fare una ceretta durante il ciclo?. Non contenta, ho continuato con i Depeche Mode, perché tanto lo so che a dicembre non vado mica a vederli a Oslo...continuiamo così, facciamoci del male.

Pasta con salmone, bottarga e pinoli
Ingredienti:
- 500 grammi di pasta
- 400 grammi di salmone
- 25 grammi di bottarga di tonno
- 2 spicchi d'aglio
- pinoli q.b.
- prezzemolo q.b.

A proposito di espiazione e di vendette trasversali del karma (no, non ci credo, tranquilli), ho ben pensato di preparare qualcosa di veramente sfizioso con un ingrediente che non è stato evidentemente capito. Mi pare giusto, io non capisco perché si ostinino a bollire l'acqua nel bollitore per poi metterla in pentola e loro non capiscono il reale valore della bottarga (però, a onor di verità, avrei potuto impegnarmi di più e spiegare meglio cosa fosse). Ma capirete alla fine perché. 

Prendete una padella antiaderente e mettetela sul fuoco, quando sarà calda tostate i pinoli (quanti? Quanti ne volete, io ho coperto tutto il fondo). Prestate molta attenzione e non abbandonate mai la padella perché la tostatura è un'azione che richiede cognizione; basta un attimo e invece di trovarvi i pinoli dorati e che emanano un buon profumino, vi ritrovate dei pinoli bruciacchiati e immangiabili. Per l'appunto, quando saranno dorati, trasferiteli su un foglio di carta forno e lasciateli lì a raffreddare.  
Mettete sul fuoco l'acqua per la pasta, in padella invece dell'olio e i due spicchi di aglio - a fiamma media; dedicatevi al taglio del cubetto di salmone (fresco, da trancio e non da fettina affumicata). Quando l'aglio sarà dorato, aggiungete in padella il salmone, aggiustate di sale e di prezzemolo, continuate a rimestare finché il pesce non sarà cotto.Intanto probabilmente l'acqua starà bollendo e potrete buttare la pasta, la quale poi scolerete, aggiungerete al salmone in padella, userete i vostri pinoli e infine la bottarga.
Aggiustate nuovamente di sale, se necessario, e servite.
Qui arriva il bello: i norvegesi hanno pensato di grattugiare sulla pasta (col pesce) del parmigiano.
Non ho avuto il coraggio di dirgli che in Italia, secondo le mie informazioni, non si usa spargere il formaggio sul pesce. Ma se da un lato hanno compiuto un'azione per me punibile con torture che chiamerebbero a raccolta tutti i volontari di Emergency e Nessuno tocchi Caino, dall'altro si sono molto avvicinati alle usanze catanesi (da quel che so, sono gli unici che osano il formaggio grattugiato su piatti di pesce).



sabato 3 agosto 2013

Punti di vista, mi giro dall'altro lato

Un mese fa a quest'ora ero in viaggio da ben 12 ore per raggiungere la terra natia. Macchina, treno, due aerei. Gente da osservare sul treno, gente da osservare in aeroporto, gente da osservare. Persone diverse, punti di vista diversi.
Ogni mezzo preso mi avvicinava sempre più a casa - no, niente di poetico, semplicemente appena arrivata in aeroporto l'hostess mi ha chiesto se parlassi italiano (e io ho risposto col mio basilare norvegese - brain wtf?) e sul primo aereo m'è capitato un italiano che guarda caso ha iniziato a inveire riguardo le dimensioni ridotte dei sedili dell'aereo. Punti di vista: tu hai il diritto di lamentarti e io di chiedermi, volgendo lo sguardo al compartimento sulla mia testa, perché l'unico spaccamaroni sia capitato proprio dietro di me.
Per quel che può valere - poiché questo post non ha assoluta valenza, lo so - è stata la più bella estate della mia vita. Consigli per gli acquisti, direbbe qualcuno non dotato di collo ma di un sacco di camicie coi baffi.
Se anche tu, come me, vuoi rilassarti un sacco, prendi il tuo lettore mp3 e inserisci i seguenti album:

- Æon Spoke - Æon Spoke (2007)
- Wardruna - Gap Var Ginnunga (2009)
- Wardruna - Yggdrasil (2013)
- Falkenbach - Ok Nefna Tysvar Ty (2003)

Lo so, in realtà probabilmente queste cose piacciono a pochi, ma per una volta volevo cogliere l'occasione per osannare quel genio di Masvidal (Æon Spoke, Cynic) e magari qualcuno si incuriosisce e si innamora. Lasciate a casa ogni dispositivo dotato di connessione a internet; so che è difficile ma so anche che potete riuscirci. Passo successivo: raccattate qualche libro tra quelli che avete comprato anni fa e non avete mai iniziato a leggere per ragioni oscure. Impacchettate del cibo, caricate tutto nello zaino e andatevene a mare, da soli, senza dover tenere conto degli orari di nessuno (anche perché eventualmente gli scenari sarebbero più o meno questi: gruppi di amici decidono che questo bagno non s'ha da fare, il tuo amico non si sveglia, il tuo amico ti scrive alle 6 del mattino dicendoti che c'è brutto tempo e quindi non viene a mare, il tuo amico ti chiede almeno 30 minuti in più per essere pronto. Eccetera). Punti di vista: tu hai il diritto di avere i tuoi ritmi e io il diritto di fare quello che mi pare senza aspettare nessuno.
Sto scrivendo questa serie di stupidaggini solo per arrivare al fulcro della situazione: trovarsi a mare circondati da maschi che indossano costumini a mutandina, ciccione in bikini e donne incinte che avrebbero dovuto coprirsi e invece no. Questo sempre dal mio punto di vista: loro hanno il diritto di conciarsi come vogliono e io ho il diritto di dire no.

Voi che nuotate sicuri
Nelle vostre tiepide spiagge,
Voi che trovate al solarium
Insalata di riso e visi amici:

Considerate se questo è un uomo
Che indossa uno speedo
Che si tatua un rosario
Che suda per mezza panza abbronzata
Che muore per un sì o per uno zip.
Considerate se questa è una donna,
Con un bikini e un pancione
Senza più forza di coprirsi
Vuota la testa e pieno il grembo
Come un uovo a pasqua.

Meditate che questo ho visto:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetelele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa a mare,
La malattia vi obblighi a indossare uno speedo,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Spaghetti con salmone e lime
Ingredienti:
- 300 grammi spaghetti
- 1 scalogno
- 200 grammi salmone
- buccia di 1/2 lime
- 100 grammi di panna acida
- sale e pepe q.b.
- prezzemolo q.b.

il salmone dal punto di vista del lime
Premessa: avevo deciso di preparare dei semplicissimi spaghetti alla bottarga ma mi viene comunicato che c'è del salmone in frigo che bisogna consumare. Va bene, mi travesto da George Clooney in ER e inizio a salvare la situazione:
col salmone ci va il soffritto di aglio. Ommioddio l'aglio è finito! Stiamo tutti calmi, lo scalogno è un degno sostituto. Sminuzzo quindi lo scalogno e lo metto a soffriggere; intanto estraggo con delicatezza il salmone e lo taglio a pezzettini. Il salmone dovrà smetterla di andare controcorrente quando lo scalogno sarà dorato e sarà quindi costretto a saltare in padella. 
gli spaghetti sempre dal punto di vista
del lime
Aggiustate di sale e pepe se necessario.
Cosa ci starebbe benissimo a questo punto? Ah ma certo, la buccia grattugiata di un limone! Limone che non ho, quindi a metà cottura del salmone aggiungo la buccia di mezzo lime.
Aggiungo anche il succo del lime? Mh no, meglio usarlo per un mojito. Allora invece perché non aggiungere della panna acida? Ma sì dai.
Infermiera mi asciughi la fronte perché il momento è delicato, mi passi quella boccetta, il tocco finale del prezzemolo mi pare d'obbligo.

Tolgo la mascherina, spengo la luce sui fornelli.
Ho salvato la cena.
Sigla e titoli di coda.

[personalmente avrei evitato di aggiungere la panna acida, ma gli altri commensali avrebbero sicuramente pensato che il piatto rischiasse di essere troppo leggero... punti di vista]

venerdì 26 luglio 2013

E le Fante?


Su avanti, anche voi ricordate quella pessima barzelletta che non starò qui a ripetere perché è veramente pessima. Ma non siamo qui a pettinare i peletti della schiena degli elefanti, quanto piuttosto citare la proverbiale memoria: se dovessimo disegnare un grafico dove l'elefante è l'animale con maggiore memoria e non so quale esattamente non sono un'etologa l'animale con minore memoria, io mi troverei esattamente a pari merito con quest'ultimo. Non lo faccio apposta, per certe cose ho una memoria ferrea - non sto qui a elencare le noiose cose che ricordo, fidatevi - però per quel che riguarda gli eventi quotidiani e pragmatici mi trasformo in un'ameba, un'imbarazzante ameba. Per quello se mi ricordo di dover fare qualcosa la faccio subito oppure lascio bigliettini nella tasca dei pantaloni, o ancora meglio scrivo mille volte la stessa cosa sull'agenda.

Non ricordo le facce o non ricordo i nomi (nei casi peggiori c'è l'eventualità che queste due cose accadano contemporaneamente: era una gioiosa sera di dicembre quando, seduta al tavolino di un pub con tre amici, vediamo da lontano quello che per me è un conoscente. Ci avviciniamo, chiacchieriamo. Era accompagnato da donna caucasica vermiglio crinita non meglio identificata; talmente poco identificata che non ce l'ha presentata. L'indomani sera, stesso posto, simile storia, stesso pub, mentre ero in fila per pagare una vodka tonic, una ragazza mi si pianta davanti:
- Ciao! [con fare entusiasta]
- Ahm, e-e-e-e-h [volevo dire: ciao a te, straniera, come nei migliori film western]
- Beh almeno ciao puoi dirmelo...
- Sì, ok, ciao, però perdonami io non so chi sei [da anni gira voce che esiste in città la mia sosia, io non l'ho mai incontrata ma mi ha fruttato scene come "però mercoledì avresti potuto venirmi a salutare", "peccato io sia atterrata venerdì, chissà chi hai visto"]
- Ma come, ci siamo incontrate ieri, sono la tizia che sta con *aggiungete nome fittizio che più vi aggrada*
- Ah scusa, sono rincoglionita
Non ricordo le date: compleanni, anniversari e chi più ne ha più ne metta, una volta sono arrivata in ritardo a un esame perché ricordavo fosse il giorno dopo. Io so che il compleanno di mia madre cade nell'ultima settimana di febbraio, che quello di mio padre è durante le vacanze natalizie e se non ci fosse facebook sarei fregata. Ma a volte sono fregata pure con facebook. Una su tutte: una mia amica, carissima amica, toglie la data e io le prometto di farle gli auguri per tutti i giorni della settimana nella quale avevo stabilito potesse trovarsi il suo compleanno (l'ho fatto e ora me lo sono scritto in agendina, ora devo solo ricordarmi di guardare l'agendina). La migliore è successa col mio ex: io sono una nottambula, una che piuttosto che svegliarsi presto proprio non va a dormire, per cui, quella sera mi dico "aspetto la mezzanotte e gli faccio gli auguri per prima": sono crollata come una pera cotta. L'indomani tra lo studio, l'università e altre cose, questo pensiero è passato totalmente in cavalleria. Nel tardo pomeriggio accedo a facebook e noto che un sacco di gente gli ha scritto sulla bacheca. Il gelo. Nelle mie vene. Ok, facciamo che faccio la figa che glieli fa per ultima.
- Ehi buon compleanno, sono l'ultima? Ahahahahahaha credevi mi fossi dimenticata eh?
- Ti sei dimenticata, vero?
- Sì. però volevo essere la prima ieri notte e mi sono addormentata allora mi sono arrabbiata un sacco con me stessa perché quando ci siamo sentiti a pranzo non mi sono ricordata, ecco, sniff. [tono da cane bastonato che più bastonato non si può]
Oppure, 18 novembre 2002 (visto che ricordo cose inutili?), ricevo una telefonata dal genitore XY:
- Non dimentichi niente?
- Tipo?
- Oggi è il compleanno dei tuoi fratelli, chiama a casa...
- Ah. Ma non era il 13?
- E perché non hai chiamato il 13?
- Mi sono ricordata il 16 e mi pareva brutto con 3 giorni di ritardo.
Funghi ripieni
Ingredienti per 3 persone:
- 6 champignon
- 1/2 cipolla
- 3 fette di zucchina
- 1/2 dado
- 3 cucchiaini di olio
- Gouda grattugiato q.b.
- 1 busta di purè
- 3 uova
- sale, pepe, prezzemolo q.b.

Lavate i funghi e staccatene i gambi ponendo attenzione a non distruggere i cappelli di questi ultimi. Di solito basta tenere tra pollice e indice della mano sinistra il cappello e tra pollice e indice della mano destra il gambo, torcere leggermente il gambo e tirare, ma con cura - dovete sapere che gli champignon in quanto francesi ci tengono particolarmente alla moda. 

Tritate finemente la mezza cipolla e mettetela in padella antiaderente a soffriggere con 3 cucchiaini di olio. Mentre la cipolla cuoce potete tritare i gambi e spellare i cappelli degli champignon, quando la cipolla sarà dorata aggiungete tutto in padella con mezzo bicchiere d'acqua e coprite, con un coperchio, non con una copertina. Intanto tagliate a cubetti tre fette di zucchina - lo spessore della fetta sarà di circa un centimetro - e mettete anche quest'ultima a rosolare; aggiungete mezzo dado, coprite nuovamente. 
Quando le verdure erano a metà cottura io ho usato lo stesso mix di erbe dell'altra volta, pomodorini essiccati, origano, peperoncino, basilico, aglio e sale (ho anche aggiunto una spruzzatina di pepe nero).

Una volta che i funghi saranno cotti trasferiteli in una ciotola, preriscaldate il forno a 180° e disponete gli champignon in una teglia con un filo di olio sul fondo. Riempite le teste con l'impasto e infornate per 10 minuti. Grattugiate del gouda (qualsiasi altro formaggio che vi piace andrà benissimo), tirate fuori la teglia e coprite le teste col formaggio, infornate per altri 10 minuti.
Nel frattempo io ho anche spellato due patate lesse rimaste in frigo dalla cena del giorno prima mentre in una pentola preparavo il purè e le ho aggiunte schiacciandole precedentemente.

La parola d'ordine degli ultimi periodi è "pigrizia", quindi nella pentola antiaderente in cui ho cucinato il ripieno dei funghi ho rotto tre uova, ho aggiustato di sale, di pepe nero e
di prezzemolo, quindi le ho strapazzate.


Lo so cosa state pensando: nel ripieno manca il pangrattato e il prosciutto (almeno, così li prepara la mia mamma ed è il motivo per cui li ho cucinati: volevo che dei piccoli norvegesi potessero capire almeno in parte cosa vuol dire mangiare la verdura in maniera inaspettata).
Il pangrattato non ce l'avevo, nemmeno la mollica di pane, il prosciutto era finito, però quando ho detto "sono funghi ripieni", i bambini hanno strabuzzato gli occhi. Cucina italiana for the win! Piccola precisazione: ho scritto per tre persone perché una persona sono io, un'altra è una bambina di 10 anni e l'ultima una bambina di 3, lo so che tre persone di stazza normale muoiono di fame con due funghi a testa, però siete grandi abbastanza per fare delle moltiplicazioni.


venerdì 5 luglio 2013

Immigrant Song

Per chi non lo sapesse, questo è un pezzo dei titoli di testa di 
"Uomini che odiano le donne" durante i quali è possibile 
apprezzare un remix della canzone dei Led Zeppelin targato
Trent Reznor.  Di solito i Led Zeppelin non amano dire di sì
all'utilizzo delle loro canzoni nei film, quindi possiamo anche
ritenerci fortunati (la versione originale si trova invece in
School of Rock).
We come from the land of the ice and snow,
From the midnight sun where the hot springs flow.
The hammer of the gods will drive our ships to new lands,
To fight the horde, singing and crying: Valhalla, I am coming!

Citare i Led Zeppelin per tre differenti ragioni:
1. sono i Led Zeppelin, quindi è cosa buona e giusta
2. questo video che guardo a intervalli regolari dal 2003
3. l'argomento di oggi, lo shock culturale.

Chiamiamo shock culturale la sensazione di disorientamento personale che si prova quando ci si trova nella posizione di immigrato a contatto con uno sconosciuto stile di vita. A contribuire possono essere fenomeni come il sovraccarico di informazioni, la barriera linguistica  (legata anche alla capacità di reazione verso la nuova cultura), il gap generazionale ma soprattutto e ovviamente la nostalgia di casa. Può essere descritto attraverso quattro fasi ben distinte: viaggio di nozze, negoziazione, regolazione, e maestria.

1. luna di miele [honeymoon phase]
Durante questo - breve - periodo, le differenze tra la nuova cultura e la propria sono viste in una luce romantica;  ad esempio è facile apprezzare le nuove abitudini o i nuovi ritmi di vita, leggende narrano di immigrati che amano il cibo del nuovo paese, ma siamo sicuri che nessuno di questi fosse italiano. Durante queste prime settimane si subisce il fascino della nuova cultura e si cerca l'integrazione anche attraverso lo studio degli autoctoni. [A me è successo sia in Polonia che in Norvegia, soprattutto in Polonia durante il primo mese perché le uniche cose che sapevo erano reminiscenze universitarie dall'esame di storia contemporanea, quindi fotografavo e annotavo tutto].
2. negoziazione [negotiation phase]
Dopo le prime settimane, ed entro i tre mesi - così dicono - alcuni individui soffrono di ansia a causa delle evidenti differenze tra la cultura di partenza e quella di arrivo. L'eccitazione e la voglia di integrazione iniziali lasciano il posto alla frustrazione e alla rabbia, soprattutto se alcuni atteggiamenti vengono percepiti come offensivi nei confronti della propria cultura di partenza. La differenza nella qualità degli alimenti e la barriera linguistica sono i fattori principali (soprattutto se si parla di italiani all'estero: un lamento continuo). [Anche qui, mi è successo in misura maggiore in Polonia; nulla di offensivo verso la mia cultura, semplicemente non ero pronta a non avere un'estate per come ero abituata e ho provato molta frustrazione nell'impossibilità di imparare la lingua. In Norvegia invece la frustrazione era dovuta alla mancanza di lavoro].
3. regolazione [adjustment phase]

Fase successiva, dai 6 a 12 mesi, nella quale ci si è abituati alla nuova cultura e si sviluppa una sorta di nuova routine. Le abitudini e le reazioni che ci aspettiamo dal mondo esterno diventano normali e si inizia ad accettare la nuova cultura in modo positivo, in teoria si dovrebbe anche essere capaci di usare la lingua del luogo. Questa è la fase chiave in quanto è possibile osservare tre reazioni distinte: alcune persone
trovano impossibile accettare e integrarsi nella cultura straniera, che percepiscono ostile, quindi si ritirano e si ghettizzano (ejector); altri si integrano pienamente perdendo la loro identità originaria e spesso rimangono nel nuovo Paese (adopter); per ultimi troviamo chi si adatta agli aspetti che trova positivi nella nuova cultura pur mantenendo alcune delle vecchie abitudini, di solito non hanno problemi quando tornano a casa né a trasferirsi altrove (cosmopolitan). [La prima reazione mi è capitata in maniera maggiore in Polonia: dopo 7 mesi non riuscivo ancora a usare la loro lingua ma avevo accettato la possibilità di cenare verso le 16:00 - ogni tanto - e di sostituire la classica colazione all'italiana con cose come: uovo sodo, senape, wurstel, pane imburrato e prosciutto, il tutto affogato nel caffellatte. Amore totale verso la loro cucina e la birra con sciroppo di lampone. Qui in Norvegia è differente: cenare ogni giorno tra le 16:00 e massimo le 17:30 mi sta uccidendo lentamente, vedere cuocere la pasta senza sale e soprattutto non condita perché tanto si condisce nel piatto - con conseguente abbandono di pasta cotta in pentola per almeno cinque minuti, crea deboli ischemie al mio cervello tricolore; ma soprattutto non capirò mai perché, invece di bollire le patate in acqua fredda preferiscono coprirle di acqua bollente, bollita nel bollitore, con la convinzione di risparmiare energia. Per il resto posso dire di aver accettato ogni altro tipo di uso e costume, voglio imparare a sferruzzare e anche a pescare, cose da matti. Ancora non passo le domeniche camminando come una forsennata e non capisco perché sia necessario tutto questo burro e ogni tipo di salsina per cucinare - mi viene da dire per coprire i sapori, ma vabbè, del resto sono qui da circa 7 mesi, il mio metabolismo deve ancora adattarsi].
4. padronanza [mastery phase]
Questa fase è anche definita come del "biculturalismo", ci si è integrati nel nuovo Paese pur mantenendo le proprie peculiarità (come ad esempio non curare troppo l'accento nella nuova lingua e sembrare comunque italiani che scimmiottano) e lo shock culturale potrebbe avvenire una volta tornati nel proprio Paese d'origine.[Ovviamente in Polonia non sarei mai arrivata oltre la terza fase perché non era un posto che sentivo come mio o dove avrei mai potuto pensare di mettere radici; in Norvegia per me è ancora presto per analizzare questa fase, anche se molti mi hanno detto che parlo quel poco norvegese che socon un forte accento tedesco, quindi non capisco bene chi subirà il maggiore shock culturale. Ma, ahimè, non ci posso fare nulla, è il norvegese che gli somiglia e il tedesco è una lingua totalizzante].

Focaccia
Ingredienti:
- 300 ml di acqua
- 150 grammi di olio d'oliva
- 8 grammi di sale
- 3.5 grammi di lievito in polvere (o 12 grammi di lievito di birra)
- 1 cucchiaino di zucchero
- 250 grammi di farina 00
- 250 grammi di farina integrale
- 3-4 cucchiai di acqua

La ricetta si sviluppa in due fasi: nella prima si prepara la generica pasta per il pane, nella seconda la si trasforma nella focaccia. Innanzitutto voglio fare quella che se la tira tantissimo dicendo che invece di impastare a mano ho usato un'impastatrice, shame on me? [cantare seguendo questa melodia].
Come prima cosa io devo avvisarvi riguardo i tempi di preparazione: servono 4 ore tra l'impasto, la lievitazione e la cottura, quindi se non avete 4 ore da dedicare alla focaccia vi prego di lasciare la stanza. Stavo dicendo, prepariamo la pasta per il pane: mettete a scaldare l'acqua e intanto setacciate le due farine nella ciotola dell'impastatrice; create una fontanella (il proverbiale buco al centro) e versateci dentro il lievito disidratato sciolto nell'acqua tiepida insieme allo zucchero. Accendete l'impastatrice, la velocità minima è sufficiente e nel resto dell'acqua tiepida sciogliete il sale, versate anche questo composto sulla farina. Unite 50 grammi di olio versandolo a filo finché non sarà terminato e lasciate che l'impastatrice lavori fino a quando non avrete un impasto compatto.

A questo punto potete prendere la vostra palla di impasto e poggiarla su un piano infarinato per massaggiarla con movimenti audaci per altri 5 minuti, tirategli le guanciotte e se vi sembrano elastiche a sufficienza potete creare nuovamente una palla che riporrete in una ciotola infarinata (infarinate per bene sennò ve ne pentirete). Coprite il tutto con la pellicola trasparente e fate lievitare almeno due ore nel forno chiuso e spento - dalla regia mi comunicano che è possibile accelerare la lievitazione accendendo la luce del forno, ma perché dobbiamo usare questi sporchi trucchetti?

La pasta avrà raddoppiato il suo volume ed è pronta per cambiare casa: trasferitela su una leccarda foderata con un foglio di carta da forno e rimettetela a lievitare per un'altra ora a forno chiuso e spento; onde evitare che l'impasto si secchi ponete un contenitore con dell'acqua sul fondo del forno.
Adesso avete un bel po' di impasto e potete trasformarlo in focaccia. 
Ungete la leccarda con 4-5 cucchiai di olio e stendete la pasta lavorando con le dita (affondatele senza vergogna), usate il resto dell'olio sull'altro lato, copritela con un panno pulito e lasciatela lievitare ancora per circa 30 minuti in un posto tiepido e privo di correnti d'aria (sì, la cucina andrà benissimo).
Preriscaldate il forno a 250° e, trascorsi i 30 minuti, spruzzatela con 3 cucchiai di acqua tiepida, spargete del sale medio-grosso, il rosmarino e infornatela per 10-15 minuti, quindi tagliatela e mangiatela (se potete, con della mortadella).

Io non ero in possesso di rosmarino quindi ho usato un mix di erbe che ho trovato in cucina: pomodorini essiccati, origano, peperoncino, basilico, aglio e sale.
Del resto, non avendo utilizzato farina 00 e farina di manitoba come nella ricetta originale, non potevo certo aspettarmi il rosmarino. In ogni caso essendo la prima focaccia della mia vita posso dire che sia venuta molto buona (ovviamente la cosa ha suscitato la classica battuta "ah ma pensavo fossi italiana" alla quale ho risposto "sì, infatti io compro la focaccia al panificio" ma anche "quindi in quanto norvegese vai in giro con patate e salmone in tasca?"). Gli amabili resti della focaccia sono stati utilizzati - tagliati in opportuni cubetti - nella zuppa al posto dei crostini.