martedì 24 aprile 2012

Quasi quasi mi faccio una doccia...


"La doccia è milanese perché ci si lava meglio, consuma meno acqua e fa perdere meno tempo. Il bagno invece è napoletano: è un incontro con i pensieri, un appuntamento con la fantasia."
Questo è un post sullo Stream of Consciousness (o meglio, scaturito da). Sottotitolo: Succedono cose strane dentro la mia doccia... Innanzitutto ultimamente capita molto spesso che mentre sono lì che "schhh... scende l'acqua, scroscia l'acqua calda, fredda, calda... giusta! Shampoo rosso, giallo, quale marca mi va meglio... questa! Schiuma, soffice, morbida, bianca, lieve, lieve, sembra panna, sembra neve..." i sensi si risvegliano di colpo e mi rendo conto, inorridita, che sono lì che mi ritrovo a canticchiare la canzone assolutamente non conosciuta col proprio titolo, ovvero Symbolum '77, quanto, piuttosto, come "tuseilamiavitaaltroiononho" (mi sono presa la briga di unire tutte le parole perché inspiegabilmente assumiamo tutti lo stesso tono e lo stesso ritmo - questa sì che è una canzone che entra nel sangue...).

Sì, sono cose che succedono anche nelle migliori docce private...

La doccia che ho preso in esame stavolta però mi ha donato un altro tipo di epifania. Adesso devo portare alla vostra memoria la scena di Mamma ho perso l'aereo in cui il piccolo Macaulay Culkin descrive con perizia la propria toeletta e alla fine della scena lancia un urlo di dolore dovuto all'applicazione del dopobarba (questa scena mi pone sempre un sacco di domande ogni volta che ci penso)...
Mi trovavo proprio in una di quelle sessioni in cui ci si lava accuratamente, con tecnica degna di un medico in fase di accertamento... e no, vi prego, toglietevi dalla mente immagini da film pornoeroticosessuali in cui la ragazza si accarezza con finta innocenza, con la sua spugna naturale (di quelle che vedete usare solo per i neonati, per la cronaca); pensate piuttosto ai babbuini che si spulciano, controllando ogni poro: dietro al collo, dietro le orecchie, dentro l'ombelico, tra le dita dei piedi, i gomiti, dietro al ginocchio, eccetera, eccetera, eccetera...
Ero così presa e concentrata dai miei pori e dalle loro condizioni che invece della mia solita saponetta ho usato il bagnoschiuma, ed è in quel momento che mi sono ricordata perché avessi smesso di usare quei fluidi diabolici: schiuma, schiuma dappertutto e senza motivo!

Questa storia della schiuma mi ricorda che devo scrivere un post sulle cose che non faccio (o non uso) più...

La fissazione per i pori, controllare meticolosamente ogni centimetro quadrato della mia epidermide per scovare eventuali brufoli e punti neri mi aveva talmente obnubilato la mente dal portarmi verso la totale perdita della realtà circostante - occhi sbarrati: epifania!
La perdita di contatto con la realtà è la stessa cosa che capita a determinate categorie umane con le quali tutti dobbiamo confrontarci, nostro malgrado, soprattutto a causa di quei diabolici marchingegni meglio conosciuti come social network.
Il meccanismo perverso dei "like": abbiamo due opzioni. La prima, quando tu ti avventuri ad aggiungere un neo-conoscente e tale persona passa mezza giornata spulciando il tuo profilo, spargendo "like" come il prezzemolo sulla pasta con pomodorini e gamberetti. Ed è proprio come il prezzemolo che imperituro ritrovi dietro al dente del giudizio, nonostante il filo interdentale della pulizia delle fauci post-pranzo, alla stessa maniera questi psicopatici si insinuano riesumando foto di 5 anni fa, portandoti alla memoria persone che intanto hai lasciato per strada, commenti di ogni tipo e pessimi tagli di capelli (con conseguenti look antidiluviani che ti fanno pensare di avere problemi alla retina - con conseguente autodiagnosi di malattie ben più gravi).
Il rischio che si corre è di sembrare un po' inquietanti e un po' morti di figa (o di cazzo, a seconda dei gusti). Non sembrate attenti, non sembrate interessati, sembrate dei barboncini in cerca di attenzione e di soddisfazione.
Di altra natura invece sono i movimenti di "like" di natura pre/spem-coitum: univoci o biunivoci che siano (nel secondo caso scatta anche la citazione - o tag - compulsivo reciproca). Si osservano da un giorno all'altro massicci click su qualsiasi cosa pubblicata, qualsiasi commento, qualsiasi cellula che sta per adagiarsi al pavimento, si viene interpellati per ogni peto emesso dalle pulci trovate dai babbuini di cui sopra, nei casi più gravi un adagiamento ai gusti altrui e addirittura lo spionaggio industriale (o per meglio dire la presenza virtuale costante di quella determinata persona a tutti gli eventi a cui parteciperete/avete partecipato/pensate di partecipare. Poco importa se poi si presenteranno o meno, voi dovete sentire la loro presenza)...
Credete di essere simpatici. No, non lo siete. Siete preoccupanti, assumete le forme della persecuzione, quasi della nuvoletta di fantozziana memoria...
I migliori però sono gli stalker (sarebbe più corretto usare un articolo femminile, perché non c'è niente di peggio di una femmina che entra in modalità berserk), la categoria ultima che racchiude le precedenti due e le porta all'esagerazione: non solo hanno passato dei mesi spruzzando "like" qua e là, probabilmente sono anche riusciti a infilarsi nelle mutande del malcapitato; trovi i loro residui se ti azzardi a guardare tu stessa un paio di foto e inconsciamente impari una serie di nomi finché... finché non riescono inspiegabilmente (per te) a raggiungerti, ignara cellula collaterale - e sono momenti in cui sudi freddo, momenti in cui sai già che sei morta perché ti ritroverai quella persona sotto casa perché vuole diventare la tua migliore amica - nella migliore delle opzioni.
Eccoci alla fine di questo Stream, nel giro di 10, massimo 15 minuti ho deciso di vivere dentro al mio armadio, lontana da queste dinamiche... Anche perché, non so se vi ricordate che i meccanismi del marketing con me non funzionano, per cui più insistete e più non cedo...
Adesso però devo, ahimè, contraddire il buon De Crescenzo, la mia - seppur breve - doccia, nonostante ciò che asserisce, è davvero un incontro coi pensieri e un appuntamento con la fantasia.

Ma ciancio alle bande, armiamoci e cuciniamo!

Polpette di tonno senza uova.

Ingredienti per 34 polpette:
- 4 scatolette di tonno
- 4 carote (se sono piccole regolatevi)
- 2 patate medie
- 1/2 cipolla (o erba cipollina)
- qualche foglia di menta
- prezzemolo
- 1 dado
- 3 cucchiai di farina integrale
- pangrattato q.b.
- sale q.b.

Tagliate le carote e le patate a cubetti (lo so, potreste lessare le patate col caro vecchio metodo della nonna e aspettare per sbucciarle, pena l'ustione dei polpastrelli, ma perché?).
Mettete tutto in una pentola capace di contenere tutto il verdurame coperto d'acqua, aggiungete il dato e fate cuocere. Lo so, avrei dovuto cronometrare, mi sono dimenticata. In ogni caso quando uno stecchino passerà attraverso pezzi di patata e di carota, allora saranno cotte - ci tengo a dire che nessun coniglio è stato maltrattato durante la preparazione di questo piatto.

Mentre le verdure cuociono, scolate l'olio del tonno e nel mixer mettete il misto di aromi: nel mio caso al posto della cipolla ho preferito l'erba cipollina, il prezzemolo e la menta.

Unite le verdure e date qualche colpo di lama. Potreste anche schiacciarle grossolanamente con la forchetta... ma siete davvero sicuri di volerlo fare?

Passate il composto in una ciotola, unite il tonno e mescolate aggiungendo il sale. Assaggiate pure, tanto è tutto cotto (o almeno, io ho problemi ad assaggiare composti dove ci sia uovo crudo). Unite la farina, quella che avete va benissimo, io avevo quella integrale e ho voluto fare la figa. Accendete il forno a 200°, stendete la carta forno sulla leccarda - non volete mica friggerle, vero?

A questo punto il composto è pronto, è piuttosto molliccio, per cui per impanare le polpette procedete così: prendete una manciata di pangrattato, ponetelo su uno dei due palmi (io non sono mancina quindi ho optato per la sinistra) e con un cucchiaio mettete del composto sul palmo, cospargete (con la destra nel mio caso) di pangrattato e panate tutta la pallina di composto. Sì, cospargerete il tavolo di briciole.
Adagiate delicatamente la polpetta sulla carta forno e ricominciate. Per di più lo stratagemma del pangrattato sul palmo evita che le mani diventino collose e sporchissime (la foto è solo dimostrativa, non fatelo a casa).

Infornate per 20 minuti, girate le polpette, altri 20 minuti in forno et voilà, polpette per tutti.



martedì 17 aprile 2012

Oh, gravity, thou art a heartless bitch.

Bentornati nel mio angolino di sheldoniana memoria... Nonostante la premessa ci tengo a dire che questo non sarà un post sulla fisica. Per me sarebbe impossibile tra l'altro, dato che dovrebbero ritirarmi il diploma (e già che ci sono vi spiego anche perché). Luglio del 2002, orale del mio esame di maturità: dopo aver usato ogni dote del mio inglese sciorinando conoscenze distopiche, supercazzolato a sinistra il professore di geografia astronomica inventando risposte sulle stelle e a destra la professoressa di filosofia, rispondendo a una domanda su Nietzsche usando la teoria delle due corde di Pirandello, dulcis in fundo c'era lui, l'amato (AH AH AH) professore di matematica e fisica. Avete presente la fastidiosissima risposta neutra dei sondaggi "non sa, non risponde"? Ecco, mi avrà posto almeno 4-5 quesiti e dopo la prima domanda (che in teoria era quella che avrei dovuto sapere e alla quale ho risposto con: se mi dà un foglietto da stracciare e una penna posso mostrarle l'elettrizzazione per strofinio) la mia univoca risposta è stata "professore, non lo so".
A parte l'aneddoto, che lascia il tempo che trova, il motivo della gravità trova il suo compimento nel fatto che mi sono iscritta in palestra. Non è angoscia da prova costume, no, è la vecchiaia che avanza - tra l'altro non è possibile sperare nella fatina di Cenerentola (a meno che non sia quella dei Corti di Elio e le Storie Tese, in tal caso ci direbbe "innanzitutto, tu hai dei bei baffi", e noi ringrazieremmo), noi che non abbiamo madrine fatine azzurrine buonine, per tenere la roba al proprio posto abbiamo bisogno di una certa dose di impegno e di sudore. L'istruttore, come nelle migliori sit-com, è un romanaccio e ha i modi dell'allenatore di Mila; la musica è un revival dance degli anni 90 e dobbiamo andare a tempo, pena il pubblico ludibrio. Esercizi su esercizi, sempre più cattivi, non basta alzare i talloni, dobbiamo proprio prenderci a calci le chiappotte (simbolismo del fatto che avremmo dovuto evitare di ingozzarci?). Ci dileggia senza pietà. Per andare avanti mi canticchiavo la colonna sonora di Rambo e di Momenti di Gloria, ma non era sufficiente. La schiena deve essere dritta e tu credi che sia dritta, finché non ti raddrizza lui e improvvisamente capisci quanto tu ti sia ingobbita e ti vedi come Quasimodo (almeno due gargoyl posso averli in omaggio?)... Durante questa prima ora di sofferenze immani mi sono ricordata quanto brava fossi in biologia e con quanta passione abbia sempre letto il manuale di anatomia: improvvisamente mi tornano in mente i nomi di una serie di muscoli dimenticati. Ciao addominali bassi, era da tanto non ricevevo vostre notizie. Ehi ciao gracile, come stai? Ti stai allungando a dovere? Oh, ma guarda, i dorsali, tutto bene in famiglia?
Solo un pensiero mi spingeva ad andare avanti nonostante tutto: per ogni muscolo tirato, allungato, per ogni bruciore, io avrei ricevuto una ricompensa. Perché non basta sentirsi dire dall'istruttore "28 anni? Sembri più piccola", no, voglio di più, voglio un culo da 14enne (di quelle moderne, non il mio vecchio culo). Nel mezzo dei dolori da retro del ginocchio teso (o forse per mancanza di ossigeno al cervello) vedo la luce: mi appare Milva in tutto il suo splendore di chioma rossa e mi dice: pensa alla resistenza sessuale che stai acquisendo, diventerai imbattibile! Vola via come il ben più famoso padre di Amleto mentre riecheggia "gli adduttori, pensa agli adduttori"...
E allora va bene, il gioco vale la candela...

Ma andiamo oltre... Questa ricetta nasce da un regalo: un sacchetto di ovetti. Mia cugina ne aveva in esubero e ha deciso che dovevo ingrassare allegramente assieme a lei... Siccome mi sentivo in colpa a mangiarli tutti uno dopo l'altro (cosa che accade sistematicamente) ho deciso di usarli in combinazione con una delle ricette che avevo voglia di testare - che poi, si sa, la cioccolata sta bene su tutto.

Camille con sorpresa.
Ingredienti per circa 12 muffin:
-150 gr di farina
- 2 grosse uova
-qualche cucchiaiata di latte
- 2 carote grattugiate
- 50 gr di burro
- 1 cucchiaio di olio
- 150 gr di zucchero di canna 
- 1/2 bustina di lievito vanigliato
- 70 grammi di zucchero a velo
- qualche cucchiaiata di acqua tiepida
- zuccherini colorati

Mescolate la farina con lo zucchero, il lievito e le uova; aggiungete le carote grattugiate (io ho dato un veloce colpo di mixer eliminando eventuali pezzi più grossi) e poi il burro fuso non troppo caldo (io l'ho fuso in microonde), infine l'olio d'oliva.
L'impasto deve risultare fluido, ma non liquido, per quello è utile qualche cucchiaio di latte.
Versate due cucchiai di composto nei pirottini da muffin e inserite al centro un ovetto di cioccolata (onde evitare di scatenare la psicosi da "oddio chissà che gusto mi capita", usate 12 ovetti uguali) 
e coprite con un altro cucchiaio di composto. Infornate a circa 150 °C fino a che saranno dorati: ci vorranno circa 20/30 minuti. 
Sfornate e lasciate raffreddare bene.
Nel frattempo scaldate dell'acqua e aggiungetela poco per volta allo zucchero. Mescolate fino a far sciogliere completamente lo zucchero ed eliminare eventuali grumi. La glassa non deve risultare liquida, se così dovesse essere aggiungete un po' di zucchero. Viceversa, se dovesse risultare troppo compatta, aggiungete pochissima acqua.
Quando i muffin saranno freddi ponete ponete un cucchiaino di glassa al centro e stendetela verso i bordi aiutandovi con il dorso del cucchiaino, quindi cospargete di zuccherini.


martedì 10 aprile 2012

Tutti i gatti sono grigi

Avevo in mente un paio di argomenti spumeggianti, un po' polemici, mi sentivo davvero ispirata (avevo anche mosso il culo ed effettuato delle "ricerche")... Oggi però è successa una cosa e non ho voglia di scherzare. 
Tornando a casa, mentre si apriva il cancello automatico, la mia gatta non si muoveva. Era una cosa che le avevo già visto fare altre volte, stesa al sole, beata. Talmente beata che scendevo dalla macchina, o mettevo il motorino sul cavalletto, per andare a controllare che stesse bene (lo so, sono ipocondriaca). Stavolta però sono scesa dalla macchina e l'ho trovata ben più che addormentata. La fortuna del merda che l'ha messa sotto è che non scoprirò mai chi sia, ma voglio comunque congratularmi per non essersi nemmeno fermato dopo aver sentito il botto alla macchina e spostarla da là; un sentito grazie.
La mia gatta non era proprio mia, l'avevo vista crescere nel condominio dove mi sono trasferita all'incirca 17 anni fa, potremmo dire che era più la gatta del condominio (assieme ad altri). Solo che lei era talmente abituata a me che le avevo dato un nome, Swiffer (datole perché come il ben più famoso piumino si adatta a ogni superficie, e lei con la sua testolina faceva lo stesso, si coccolava da sola se necessario), e mi voleva talmente bene che oltre a capire quando la chiamavamo, e correva da noi a prescindere da quale punto si trovasse, ci lasciava anche accarezzare i suoi cuccioli (e si sa che i gatti non amano questo genere di cose, tendono ad allontanare i gattini che fanno odore di umano). Insomma, non era proprio la mia gatta, ma era come se lo fosse, perché era sempre lì ad aspettarmi ogni volta che uscivo o rientravo, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Era buona, non mi aveva mai graffiata nemmeno per scherzare. Buona o cattiva che fosse non importa in realtà, il punto è che non ho più una gatta che mi aspetta perché qualcuno, per pura pigrizia, non ha voluto nemmeno darle un colpo di clacson. Lo so, non ha senso, la vita va avanti e non sarà certo una gatta randagia a migliorarla o a peggiorarla (né tanto meno parlarne la farà tornare indietro). Era per dare una spiegazione alla trasmissione ridotta di oggi.
Non ho una sua foto, ci accontenteremo tutti di un disegnino.


Stufato di carne alla birra
Ingredienti per 4 persone:
- 1 chilo di carne da spezzatino
- 1 bottiglia di birra belga da 75cl (io ho preso una Leffe)
- 1 cipolla e mezza
- 2 carote (o 3 se sono piccole)
- 1 cucchiaino raso di timo
- 2 foglie alloro (o 1 grande)
- 1 cucchiaino di sale
- 1/2 cucchiaino di pepe nero
- farina q.b.
- 60 grammi di burro 
- 1 cucchiaio e mezzo di marmellata di ribes (o zucchero di canna)
- 1 cucchiaio di aceto di vino rosso
- 1 confezione di gnocchi

In una terrina infarinate i cubetti di carne, aggiungete il sale e il pepe. Intanto mettete a sciogliere il burro in un tegame (o in un wok, come ho fatto io) e, quando sarà sciolto, fate rosolare per bene i bocconcini. Fate bene attenzione, rosolati, non leggermente cotti.
Metteteli da parte prendendoli con la schiumarola, così da lasciare il burro nel wok per poterlo usare per far appassire la cipolla e la carota. Mescolate per evitare che si abbrustoliscano un po' troppo, se dovesse essere necessario sfumate con mezzo bicchiere di birra. Dopo 15 minuti rimettete la carne in padella, coprite con 50 cl di birra (circa), aggiungete il timo, l'alloro e portate ad ebollizione, a questo punto coprite e abbassate la fiamma. 

Dopo un'ora e mezza (ma anche due), aggiungete l'aceto e la marmellata e fate cuocere per gli ultimi 5 minuti.
Come contorno propongo gli gnocchi fritti come se fossero delle crocchette, se non volete osare andrà benissimo anche un semplice purè di patate.

martedì 3 aprile 2012

Per legittima difesa...

ovvero: Constantly talking isn't necessarily communicating.

Oggi - dato che di solito invece no, eh? - traggo ispirazione da una discussione realmente avvenuta:

A: Non ti offendi se vado in bagno con l'iPhone in mano vero?
I: finché non vuoi che ti tenga la mano e riusciamo a tenere il senso della vista separato dall'udito e dall'olfatto, va bene
A: Potevo anche non dirti dove sono in realtà... [...] Te la posso dire una cosa? Sembri sempre una persona senza peli sulla lingua e che non si scandalizza per nulla! Sbaglio?
I: sì, è così . In fondo di cosa dovrei scandalizzarmi? Anche io vado in bagno... senza iphone, non ce l'ho.
Amico: Hihiihihih Male!
Io: ma no, sto tanto meglio senza...
Amico: lo dicevo anche io un anno fa.

(solo perché i maschi lo sappiano, mi sono fatta tante di quelle chiacchierate con le mie amiche al telefono mentre facevo pipì quando ancora esistevano solo i cordless)

In realtà questa discussione la sento spesso, nemmeno due settimane fa un altro mio amico, prendendo in mano il mio cellulare (colpevole solo di essere stato poggiato sul tavolo), lo osserva e mi dice: ma perché non hai uno smartphone?

Va bene, chiariamo una cosa fondamentale: il mio cellulare funziona. Da questa affermazione deduciamo che finché funzionerà non lo cambierò (e con funzionare intendo: inviare e ricevere messaggi, chiamare e ricevere telefonate. Il fatto che possa fare foto - sfocate per lo più - o farmi ascoltare musica è un bel sovrappiù).
In più il mio cellulare mi piace, piccolino, senza troppe pretese. Sì, mi piace. Non vedo perché dovrei avere questa smania, non vedo perché dovrei partecipare alla corsa verso l'ultimo ritrovato tecnologico. Io, che ho sempre cambiato i cellulari quando proprio non ce la facevano più, povere stelle (ricordo ancora l'amara decisione che mi ha portata a sostituire il mio caro, vecchio nokia 3330).
Che poi io ancora non riesco a memorizzare la differenza tra KB, GB e MB. So solo che il Tera è quello più grande di tutti e mi va bene così (io sono quella che chiede quante canzoni in formato mp3 possono entrare in un cd), figuriamoci se capisco qualcosa di caratteristiche tecniche di questo o quello smartphone.

No ma davvero, bella cosa lo smartphone, il massimo della tecnologia - e io sono una capra informatica. Sempre connessi alla rete mondiale, sempre a condividere dove siete, con chi siete, cosa vedete, cosa mangiate (non che io non lo faccia, ma non in tempo reale). Insomma, sempre con questi smartphone in mano. Comunicate, condividete... sempre, tutto, perché? Ogni due secondi con le mani su questi schermini inficiando la reale comunicazione e condivisione dal vivo.
Certo, fanno cose carine come essere dei validi tom tom, eliminando l'atavica e annosa questione del "ci siamo persi - perché non chiedi a un passante - no - perché no - eccetera", possono essere dei simpatici dispensatori di giochini, ma a parte queste cose non ci trovo niente di così innovativo, niente che non ci fosse già. Macchine fotografiche, agendine, dispositivi per fare le porzioni di spaghetti, libri di ricette e chi più ne (h)app più ne metta.
Mi piace avere una penna preferita, mi piace scrivere a matita e ricopiare a penna, mi piace avere un taccuino dove prendere appunti (ne ho tre, vabbè), mi piace dover decifrare i miei geroglifici, mi piace aprire i libri di ricette e scrivere con la mia penna preferita, su un foglio pulito, la lista degli ingredienti e mi piace, sono maestra in questo, perdermi dopo aver controllato su google maps la strada, perché comunque ho un senso dell'orientamento che fa invidia al più famoso maialino nero e bagnato.

La cosa fondamentale però, per me, è una: la perenne rintracciabilità. Con un telefono simile non hai nessuna scusa per non essere trovato, contattato, non puoi non essere reperibile, e io non voglio (un giorno vi scriverò dell'importanza dell'uso del corretto modale).
Ultimamente poi, abbandono il cellulare a casa (per quello sto ricopiando alcuni numeri sull'agendina - figuriamoci se ricordo dei numeri di telefono), non guardo la mail per 72 ore di fila, oppure lascio il pc acceso con skype funzionante e mi allontano a fare altro, senza pensarci; stare con l'ansia della possibilità di essere sempre trovata, no, proprio no, non ci tengo.
Anzi, sapete che vi dico? Io ogni tanto mi chiudo apposta nella mia casa in montagna, dove non c'è il telefono, quindi niente internet; dove non c'è l'antenna pazzesca, quindi anche la tv si vede male (che poi, io non guardo la tv). Mi chiudo là e lascio che sia il cinguettio degli uccellini del mattino a innervosirmi, altro che gli aggiornamenti di tizio e caio e i quotidiani. Me ne vado, ciao.

Passiamo alla vera ragione del perché siamo qui (oggi ho detto ciao anche alla sintassi): la cucina. Le ricette di oggi si chiamano "Il giallo è uno dei miei colori preferiti". Gli astanti sono ancora tutti vivi, potete fidarvi.


Ingredienti per 4 persone:
- 4 carciofi
- 80 grammi di caprino (che no, non è formaggio di capra)
- 175 grammi di farina di semola
- 175 grammi di farina integrale (o di grano saraceno)
- 1 uovo (se volete pasta all'uovo, allora ne mettete uno per ogni 100 grammi di farina)
- acqua tiepida q.b.
- sale q.b.
- burro
- 1 bustina di zafferano
- 250 grammi di macinato di maiale
- 250 grammi di macinato di vitello
- 1 cipolletta fresca o mezza cipolla
- 1 uovo
- una spruzzata di prezzemolo
- 60 ml di latte
- sale e pepe
- salsa barbecue 
- 3 fette di formaggio finto-cheddar (perché col cavolo che lo trovo qua)

Sulla spianatoia versate le due farine, il sale, l'uovo e iniziate a impastare. A poco a poco unite l'acqua tiepida finché la pasta non sarà sufficientemente elastica. Lasciate riposare. 

Tagliate i gambi dei carciofi, ripuliteli delle foglie esterne e tenete solo i torsoli che taglierete in quattro parti. Mettete i carciofi a cuocere in una pentola con acqua e un po' di dado (così da non dimenticare di salare il ripieno dei ravioli) e attendete circa 20 minuti. Siccome però la cottura del torsolo è uno dei misteri di fatima, direi di usare il caro, vecchio metodo: quando la forchetta li attraversa senza problemi allora sono cotti a sufficienza. Scolateli e metteteli in un piatto a raffreddare.
In una ciotola unite il macinato, la cipolla tagliata più o meno grossolanamente (e cruda), l'uovo, il prezzemolo, il latte, il sale e il pepe e create una bella polpettona.
Accendete il forno e preriscaldatelo a 180°. Prendete ora la leccarda, stendete la carta forno e continuate a sporcarvi le mani: da questa bella polpettona create 12 polpette. Fatele più belle e più regolari delle mie. 
Infilate tutto in forno, dopo circa 10 minuti dovreste sentire del profumino provenire da quel luogo fatato dietro di voi, allora tiratele fuori, rigiratele e mettetele a cuocere per altri 10 minuti. Prima che si raffreddino mettetele su un piatto, spalmate un lato di salsa barbecue e mettete su ogni polpetta un quarto di fetta di formaggio, in maniera tale da poter sfruttare il calore intrinseco per discioglierlo.
Mettete i carciofi e il formaggio nel mixer, frullateli, tra poco vi serviranno...
Adesso tocca alla pasta dei ravioli, stendetela, tanto, tanto, tanto. Quando vi sembrerà sufficientemente sottile decidete di che grandezza volete i ravioli e distanziate di conseguenza il ripieno (non mettete il ripieno al centro della pasta stesa, vi prego, sennò dovrete creare degli origami per sopperire alla mancanza di pasta).
Rivoltate la pasta sopra al ripieno, tagliate con la rondella (o con le formine, se le avete), e schiacciate i bordi con i rebbi della forchetta per far capire meglio al ripieno chi comanda!

Essendo questa pasta fresca mangiatela il giorno stesso, prima che l'umido del ripieno faccia il suo corso all'interno della pasta.
I ravioli ci metteranno davvero poco a cuocere, giusto il tempo di tornare a galla...
Intanto prendete una bella padella, buttateci del burro, la bustina di zafferano e man mano lanciateci con veemenza i ravioli. Dopo averli mantecati ben bene consiglio una spruzzata di prezzemolo.