martedì 24 aprile 2012

Quasi quasi mi faccio una doccia...


"La doccia è milanese perché ci si lava meglio, consuma meno acqua e fa perdere meno tempo. Il bagno invece è napoletano: è un incontro con i pensieri, un appuntamento con la fantasia."
Questo è un post sullo Stream of Consciousness (o meglio, scaturito da). Sottotitolo: Succedono cose strane dentro la mia doccia... Innanzitutto ultimamente capita molto spesso che mentre sono lì che "schhh... scende l'acqua, scroscia l'acqua calda, fredda, calda... giusta! Shampoo rosso, giallo, quale marca mi va meglio... questa! Schiuma, soffice, morbida, bianca, lieve, lieve, sembra panna, sembra neve..." i sensi si risvegliano di colpo e mi rendo conto, inorridita, che sono lì che mi ritrovo a canticchiare la canzone assolutamente non conosciuta col proprio titolo, ovvero Symbolum '77, quanto, piuttosto, come "tuseilamiavitaaltroiononho" (mi sono presa la briga di unire tutte le parole perché inspiegabilmente assumiamo tutti lo stesso tono e lo stesso ritmo - questa sì che è una canzone che entra nel sangue...).

Sì, sono cose che succedono anche nelle migliori docce private...

La doccia che ho preso in esame stavolta però mi ha donato un altro tipo di epifania. Adesso devo portare alla vostra memoria la scena di Mamma ho perso l'aereo in cui il piccolo Macaulay Culkin descrive con perizia la propria toeletta e alla fine della scena lancia un urlo di dolore dovuto all'applicazione del dopobarba (questa scena mi pone sempre un sacco di domande ogni volta che ci penso)...
Mi trovavo proprio in una di quelle sessioni in cui ci si lava accuratamente, con tecnica degna di un medico in fase di accertamento... e no, vi prego, toglietevi dalla mente immagini da film pornoeroticosessuali in cui la ragazza si accarezza con finta innocenza, con la sua spugna naturale (di quelle che vedete usare solo per i neonati, per la cronaca); pensate piuttosto ai babbuini che si spulciano, controllando ogni poro: dietro al collo, dietro le orecchie, dentro l'ombelico, tra le dita dei piedi, i gomiti, dietro al ginocchio, eccetera, eccetera, eccetera...
Ero così presa e concentrata dai miei pori e dalle loro condizioni che invece della mia solita saponetta ho usato il bagnoschiuma, ed è in quel momento che mi sono ricordata perché avessi smesso di usare quei fluidi diabolici: schiuma, schiuma dappertutto e senza motivo!

Questa storia della schiuma mi ricorda che devo scrivere un post sulle cose che non faccio (o non uso) più...

La fissazione per i pori, controllare meticolosamente ogni centimetro quadrato della mia epidermide per scovare eventuali brufoli e punti neri mi aveva talmente obnubilato la mente dal portarmi verso la totale perdita della realtà circostante - occhi sbarrati: epifania!
La perdita di contatto con la realtà è la stessa cosa che capita a determinate categorie umane con le quali tutti dobbiamo confrontarci, nostro malgrado, soprattutto a causa di quei diabolici marchingegni meglio conosciuti come social network.
Il meccanismo perverso dei "like": abbiamo due opzioni. La prima, quando tu ti avventuri ad aggiungere un neo-conoscente e tale persona passa mezza giornata spulciando il tuo profilo, spargendo "like" come il prezzemolo sulla pasta con pomodorini e gamberetti. Ed è proprio come il prezzemolo che imperituro ritrovi dietro al dente del giudizio, nonostante il filo interdentale della pulizia delle fauci post-pranzo, alla stessa maniera questi psicopatici si insinuano riesumando foto di 5 anni fa, portandoti alla memoria persone che intanto hai lasciato per strada, commenti di ogni tipo e pessimi tagli di capelli (con conseguenti look antidiluviani che ti fanno pensare di avere problemi alla retina - con conseguente autodiagnosi di malattie ben più gravi).
Il rischio che si corre è di sembrare un po' inquietanti e un po' morti di figa (o di cazzo, a seconda dei gusti). Non sembrate attenti, non sembrate interessati, sembrate dei barboncini in cerca di attenzione e di soddisfazione.
Di altra natura invece sono i movimenti di "like" di natura pre/spem-coitum: univoci o biunivoci che siano (nel secondo caso scatta anche la citazione - o tag - compulsivo reciproca). Si osservano da un giorno all'altro massicci click su qualsiasi cosa pubblicata, qualsiasi commento, qualsiasi cellula che sta per adagiarsi al pavimento, si viene interpellati per ogni peto emesso dalle pulci trovate dai babbuini di cui sopra, nei casi più gravi un adagiamento ai gusti altrui e addirittura lo spionaggio industriale (o per meglio dire la presenza virtuale costante di quella determinata persona a tutti gli eventi a cui parteciperete/avete partecipato/pensate di partecipare. Poco importa se poi si presenteranno o meno, voi dovete sentire la loro presenza)...
Credete di essere simpatici. No, non lo siete. Siete preoccupanti, assumete le forme della persecuzione, quasi della nuvoletta di fantozziana memoria...
I migliori però sono gli stalker (sarebbe più corretto usare un articolo femminile, perché non c'è niente di peggio di una femmina che entra in modalità berserk), la categoria ultima che racchiude le precedenti due e le porta all'esagerazione: non solo hanno passato dei mesi spruzzando "like" qua e là, probabilmente sono anche riusciti a infilarsi nelle mutande del malcapitato; trovi i loro residui se ti azzardi a guardare tu stessa un paio di foto e inconsciamente impari una serie di nomi finché... finché non riescono inspiegabilmente (per te) a raggiungerti, ignara cellula collaterale - e sono momenti in cui sudi freddo, momenti in cui sai già che sei morta perché ti ritroverai quella persona sotto casa perché vuole diventare la tua migliore amica - nella migliore delle opzioni.
Eccoci alla fine di questo Stream, nel giro di 10, massimo 15 minuti ho deciso di vivere dentro al mio armadio, lontana da queste dinamiche... Anche perché, non so se vi ricordate che i meccanismi del marketing con me non funzionano, per cui più insistete e più non cedo...
Adesso però devo, ahimè, contraddire il buon De Crescenzo, la mia - seppur breve - doccia, nonostante ciò che asserisce, è davvero un incontro coi pensieri e un appuntamento con la fantasia.

Ma ciancio alle bande, armiamoci e cuciniamo!

Polpette di tonno senza uova.

Ingredienti per 34 polpette:
- 4 scatolette di tonno
- 4 carote (se sono piccole regolatevi)
- 2 patate medie
- 1/2 cipolla (o erba cipollina)
- qualche foglia di menta
- prezzemolo
- 1 dado
- 3 cucchiai di farina integrale
- pangrattato q.b.
- sale q.b.

Tagliate le carote e le patate a cubetti (lo so, potreste lessare le patate col caro vecchio metodo della nonna e aspettare per sbucciarle, pena l'ustione dei polpastrelli, ma perché?).
Mettete tutto in una pentola capace di contenere tutto il verdurame coperto d'acqua, aggiungete il dato e fate cuocere. Lo so, avrei dovuto cronometrare, mi sono dimenticata. In ogni caso quando uno stecchino passerà attraverso pezzi di patata e di carota, allora saranno cotte - ci tengo a dire che nessun coniglio è stato maltrattato durante la preparazione di questo piatto.

Mentre le verdure cuociono, scolate l'olio del tonno e nel mixer mettete il misto di aromi: nel mio caso al posto della cipolla ho preferito l'erba cipollina, il prezzemolo e la menta.

Unite le verdure e date qualche colpo di lama. Potreste anche schiacciarle grossolanamente con la forchetta... ma siete davvero sicuri di volerlo fare?

Passate il composto in una ciotola, unite il tonno e mescolate aggiungendo il sale. Assaggiate pure, tanto è tutto cotto (o almeno, io ho problemi ad assaggiare composti dove ci sia uovo crudo). Unite la farina, quella che avete va benissimo, io avevo quella integrale e ho voluto fare la figa. Accendete il forno a 200°, stendete la carta forno sulla leccarda - non volete mica friggerle, vero?

A questo punto il composto è pronto, è piuttosto molliccio, per cui per impanare le polpette procedete così: prendete una manciata di pangrattato, ponetelo su uno dei due palmi (io non sono mancina quindi ho optato per la sinistra) e con un cucchiaio mettete del composto sul palmo, cospargete (con la destra nel mio caso) di pangrattato e panate tutta la pallina di composto. Sì, cospargerete il tavolo di briciole.
Adagiate delicatamente la polpetta sulla carta forno e ricominciate. Per di più lo stratagemma del pangrattato sul palmo evita che le mani diventino collose e sporchissime (la foto è solo dimostrativa, non fatelo a casa).

Infornate per 20 minuti, girate le polpette, altri 20 minuti in forno et voilà, polpette per tutti.



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